Attanasio, ipotesi sequestro lampo. «Dicevano all'ambasciatore: fuori i soldi e sei libero»

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di Cristiana Mangani

Il giorno dopo l'omicidio dell'ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell'autista congolese Mustapha Milambo, la verità sull'agguato sembra sempre più lontana. Le autorità locali promettono indagini rapide, e i carabinieri del Ros arrivati a Kinshasa hanno già acquisito i verbali degli interrogatori dei sopravvissuti e contano di sentire a breve anche Rocco Leone, vicedirettore del World food programme in Congo, Fidele Zabandora, assistente al programma di alimentazione scolastica, Mansour Rwagaza, addetto alla sicurezza, e Claude Mukata, l'autista della seconda auto.

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I DUBBI
Troppe cose non tornano nella ricostruzione. Innanzitutto la questione scorta: un fronte sul quale l'Italia attende un report dall'Onu. Perché un convoglio che doveva attraversare delle zone ad alto rischio non ne aveva una adeguata? Il ministero dell'Interno congolese ha dichiarato che le autorità provinciali del Nord Kivu non erano a conoscenza della presenza dell'ambasciatore nell'area e che questo non ha permesso loro di fornirgli misure di sicurezza adeguate. Il Pam ha tuttavia riferito che la strada era stata precedentemente controllata e dichiarata sicura per essere percorsa anche «senza scorte di sicurezza».
A tutto questo si aggiunge che il diplomatico era riuscito a concludere una gara di appalto per un'auto blindata soltanto l'8 gennaio scorso. «Un'autovettura con un livello di blindatura VR6, CIG 7864299». La gara era stata assegnata ma bisognava attendere «il decorso di 35 giorni» (fino al 13 febbraio, quindi) previsto dalla direttiva europea 66 del 2007, per dare modo agli altri partecipanti alla procedura di presentare eventuali reclami. La Farnesina spiega che «si trattava della sostituzione di una delle due vetture blindate già in dotazione alla sede». Che, comunque, non è stata usata per una trasferta in zone ad alto rischio.
E poi c'è la dinamica della sparatoria. Il Ros vuole cercare di identificare le armi dalle quali sono partiti i proiettili, perché da quelli si potrà arrivare più vicino a chi ha sparato realmente. Il dubbio degli investigatori è che i colpi mortali siano partiti dal fuoco amico, dai ranger intervenuti durante il conflitto a fuoco. Attanasio e Iacovacci potrebbero essersi trovati sulla traiettoria degli spari.

C'è da dire che non sarà un lavoro facile, perché le armi usate, Ak47 kalashinokov, sono in dotazione delle guardie locali, ma anche dei guerriglieri. Le munizioni trovate nella zona e sulle jeep verranno confrontate con quelle che hanno ucciso i due italiani. E, a quel punto, forse si potrà avere un quadro più chiaro. Ieri sera le salme di Attanasio e Iacovacci sono arrivate in Italia, a Ciampino. Ad accoglierle il premier Draghi, e i ministri Guerini e Di Maio. Doveva esserci anche il presidente Mattarella, ma non ha potuto per una lieve indisposizione. Oggi verranno effettuate le autopsie e dal risultato si potranno fare i primi riscontri.

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Secondo la ricostruzione degli investigatori, uno dei membri dell'equipaggio Onu avrebbe cercato di intavolare una trattativa con gli aggressori. Ma senza risultato. Il commando, composto da sei persone, è piombato addosso alla prima auto, dove viaggiavano gli italiani, mentre si trovavano all'altezza di Kilimayoka, nella località Nyragong. L'imboscata era pronta. Hanno subito ucciso Milambo. Poi hanno fatto scendere gli altri dalle auto e li hanno portati nella foresta. A questo punto - secondo una testimonianza - uno dei rapitori avrebbe chiesto dei soldi all'ambasciatore con la promessa di liberarli. Il classico sequestro lampo, come ne avvengono tanti in quelle zone. Ma nel frattempo, i ranger dell'Istituto congolese per la conservazione della natura e una vicina unità dell'esercito, sono arrivati sul posto. Scoppia il finimondo: Attanasio e Iacovacci vengono uccisi.


SCAMBIO DI ACCUSE
Le forze militari congolesi dicono che a colpirli sono stati i guerriglieri, prima di fuggire. Chiamate in causa dal governo congolese, però, le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr), gruppo ribelle di hutu ruandesi sconfinati dopo il genocidio del 1994, hanno respinto ogni «accusa frettolosa», invitando le autorità e la missione Onu a «cercare nei ranghi» degli eserciti congolese e ruandese, uniti a loro dire da «un'alleanza contro natura per perpetrare il saccheggio dell'est della Rdc».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 24 Febbraio 2021, 09:44
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