"Vesuvio lavali col fuoco": la linea di magliette con le frasi anti-napoletani

"Vesuvio lavali col fuoco": la linea di magliette con le frasi anti-napoletani

di Chiara Di Martino
Ha scelto l’ironia per combattere i pregiudizi su Napoli e i suoi abitanti, a partire da un mondo che identifica in modo forte e pervasivo l’intera città: il calcio. Gianluca Isaia, patron del brand partenopeo fondato da suo nonno nel 1957, ha optato per una massiccia dose di humour, trascinata direttamente in passerella ieri a Milano – dove ha presentato la collezione autunno-inverno 2018/2019, nel settecentesco palazzo Visconti di Modrone – con la sua capsule collection di t-shirt bianche, che riproducono da un lato i cori infamanti urlati a gran voce sugli spalti da molte tifoserie avversarie, come i famigerati «O Vesuvio, lavali col fuoco» o «C’avete solo monnezza», e sul retro l’ironica risposta che vuole superare le bassezze da stadio: «’A mamma d’ ‘e scièm’ è sèmpe prèna», «la mamma dei cretini è sempre incinta».


A illustrare a Milano la particolarità di questi sette capi in edizione limitata riuniti sotto il claim di #ProudlyNapolitano, l’alter ego di Gianluca Isaia, Corallino, ormai celebre mascotte e icona del brand, protagonista dello spazio milanese insieme ai sarti e alle camiciaie che si sono lasciati osservare mentre trasformavano la materia tessile in alta moda. 



È lo stilista partenopeo, presidente e amministratore delegato dell’azienda, a spiegare il perché della capsule di t-shirt, vera “chicca” della sfilata di ieri sera. 
«Ho sentito il bisogno di dire la mia, perché amo Napoli e questa città è anche, o forse soprattutto, la sua squadra di calcio. Considero la violenza verbale delle tifoserie una forma seria di razzismo e così ho voluto, a modo mio - e cioè attraverso la moda - provare ad abbattere qualche barriera priva di senso. Da sempre la mia famiglia porta le proprie origini in giro per il mondo e il nostro orgoglio anche questa volta è voluto passare attraverso un messaggio positivo e ironico, la cui campagna pubblicitaria – attraverso gli scatti di Paolo Zerbini e la direzione artistica di Paola Manfrin - ha avuto come principale scenario la bellezza dei Quartieri Spagnoli di Napoli e dei suoi abitanti. Con il loro sorriso e il nostro, insieme alla lingua napoletana, vogliamo assestare un colpo a tutti gli atteggiamenti dispregiativi dalle venature razziste e violente».

Sul palcoscenico della Milano Fashion Week ha voluto far sfilare la “Casalnuovo Collection”. In un universo costellato di esoticità, una scelta coraggiosa per il nome delle sue nuove linee.
«Volevamo rendere omaggio alla “città dei sarti”, dove la nostra azienda è attiva dalla fine degli anni Cinquanta e dove opera, oggi, con circa 300 dipendenti in una struttura che si è ingrandita nel tempo anche a livello edilizio. È la radice di una grande tradizione sartoriale che ci ha dato tanto: nei capi della nuova collezione ritroviamo una grande ricchezza di tessuti e lavorazioni, con una tavolozza di colori ad ampio spettro, dalle sofisticate nuance di vinaccia, magenta, purple, ruggine, fino ai verdi dal fondo smeraldo e al blu. La collezione esplora tutti i nostri segmenti produttivi: camicie, abiti, giacconi, accessori. Nel segmento luxury non potevamo non lasciare spazio al binomio che miscela la preziosità del cashmere e della seta e gli stampati con disegno cravatta, mentre nelle linee più casual abbiamo voluto prediligere il denim di vari toni cromatici. A fare da leit motiv all’intera collezione, un vago sapore retro ispirato agli anni ’50 e ’60, omaggio al periodo in cui ci siamo insediati a Casalnuovo».

Come è stato organizzato l’evento milanese?
«Lo abbiamo immaginato come un cerchio che si snoda intorno a un’area centrale, dove si sono svolti il cocktail-dinner e la festa animata dalla musica del gruppo caprese di “Anema e Core” di Guido Lembo. Intorno a questo spazio abbiamo riprodotto dal vero tutte le tappe della lavorazione di un look maschile, in ognuna delle sue parti: dalla giacca ai pantaloni fino al gilet e alla cravatta».

 

A sfilare davanti al gotha della moda internazionale si fa l’abitudine o è sempre un’emozione?
«Presentare una nuova collezione è un esame che ci pone, due volte all’anno, di fronte al giudizio di chi la osserva in anteprima: buyer, giornalisti, professionisti del fashion. È sempre un momento di grande adrenalina scoprire l’appeal delle nostre creazioni negli occhi di chi è in platea».

I riflettori milanesi hanno puntato la luce su tutte le novità firmate Isaia?
«Quasi tutte. Una, in realtà, abbiamo deciso di svelarla nei nostri negozi a partire da oggi ed è una novità assoluta in termini di prodotto, alla quale teniamo moltissimo: lanciamo infatti la prima collezione di underwear, pigiami e vestaglie. Perché? Ci piace immaginare che un uomo sia ben abbigliato anche nei momenti in cui si rilassa».

Il legame forte con le proprie origini non ha impedito, però, al marchio Isaia di spopolare oltreoceano. Quanto esporta l’azienda?
«La quasi totalità della produzione, il 95%, vola oltre confine, soprattutto negli Stati Uniti, nell’ex Unione Sovietica e in Giappone. E aggiungo “purtroppo”, perché mi piacerebbe che il nostro brand fosse tanto venduto anche in Italia. Il nostro Paese, però, vive un momento economico davvero difficile, soprattutto nel segmento della moda. All’estero siamo presenti con 14 showroom e tre negozi diretti: a New York, Beverly Hills e, ultimo arrivato, San Francisco, dove la nostra boutique-atelier reinterpreta i risvolti estrosi, benauguranti e colorati che ci caratterizzano, all’interno di un edificio disegnato da uno dei grandi maestri dell’architettura del ’900, l’americano Frank Lloyd Wright».

Di recente ha annunciato l’intenzione di dedicarsi anche alla formazione.
«Abbiamo costituito una Fondazione dedicata ai miei nonni, Enrico Isaia e Maria Pepillo, che sarà impegnata proprio su questo progetto: vogliamo trasmettere l’arte della sartoria ai giovani, allontanandoli dall’incertezza del domani e offrendo loro gli strumenti per diventare dei professionisti della moda. Le attività formative si svolgeranno, neanche a dirlo, a Casalnuovo, dove conserviamo e alimentiamo tutto il nostro know how».
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Gennaio 2018, 11:51
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