Mario Brega, nostalgia della Dolce Vita

Mario Brega, nostalgia della Dolce Vita

di Paolo Travisi
Florestano Brega, nome d'arte era Mario, è stato uno dei caratteristi più popolari del cinema italiano. Nato in una Roma povera, sette fratelli, ha iniziato come comparsa fino al successo con Carlo Verdone. Ezio Cardarelli ha ricostruito la sua vita nel libro Ce sto io, poi ce sta De Niro.



Perché un libro su Mario Brega?
«Volevo riscoprire i caratteristi del cinema, presenti un tempo perché i film erano corali. Parlando di Brega, racconto la Roma di un tempo ormai finito».

Cosa ha scoperto?
«Era figlio di una Roma che si arrangiava per sopravvivere, viveva vicino ai Mercati Generali, dove andava a rubare le patate perché c'era la fame. Ha rischiato la vita, perché un tedesco gli ha sparato, mentre rubava due coperte».

Aveva famiglia?
«È stato sposato solo un anno. Era un viveur, amava le donne, il gioco, è stato l'ultimo rappresentante della Dolce Vita felliniana».

Come è arrivato al cinema?
«A via Veneto rompeva la scatole ai registi per ottenere una comparsata. Poi il salto con Sergio Leone, ma solo Verdone lo fece recitare senza doppiarlo».

E con Verdone?
«Amore e odio, per colpa del carattere di Brega. In Borotalco aveva un ruolo piccolo, andò a lamentarsi: Ha detto Sergio che io ce devo sta' come er prezzemolo. In Troppo Forte, parte ancora più piccola, citofonò minaccioso: Scendi giù che te devo parlà. Poi, però, offriva il caffè».

Ezio Cardarelli, Mario Brega, A Est dell'Equatore, 200 p, 14 euro
Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Gennaio 2019, 15:58
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