"Il paese delle mezze riforme", Linda Lanzillotta analizza in un libro il cambiamento da compiere

“Il paese delle mezze riforme”, Linda Lanzillotta analizza in un libro il cambiamento da compiere

di Paolo Travisi
L’Italia è il paese del cambiamento, mai del tutto compiuto. Mai radicale. Anzi è “Il paese delle mezze riforme” (Passigli Editori) titolo del libro scritto da Linda Lanzillotta, ex Vicepresidente del Senato e donna che ha attraversato il mondo della politica, fino al raggiungimento delle più alte cariche istituzionali.
L’autrice è intervenuta alla presentazione del libro - presso LaFeltrinelli di Galleria Alberto Sordi a Roma - per raccontare la genesi di questo saggio, pieno di riflessioni su passato e presente, senza risparmiare visioni critiche all’operato di personaggi politici con cui ha avuto occasione di collaborare nel corso della sua lunga esperienza politica: da Andreotti a Ciampi, da Prodi a Rutelli, fino a Renzi.

“La puntualità è una delle caratteristiche principali che dovrebbe avere chi fa politica, perché serve il rispetto delle persone” esordisce con una battuta, Lanzillotta che lascia il microfono all’ex Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, intervenuto alla conferenza di presentazione. “Ho conosciuto Linda Lanzillotta anni fa al Campidoglio, quando il sindaco di Roma, era Francesco Rutelli, non di certo un campione di puntualità”, scherza Gentiloni, che a proposito de Il paese delle mezze riforme, dice “consiglio questo libro ai giovani ed alle giovani che abbiano voglia di fare politica, di avvicinarsi alle istituzioni, conoscendo la storia e il percorso straordinario di Lanzillotta".

Citando un passaggio del libro, Gentiloni sottolinea: "mi ha colpito quando Lanzillotta racconta la sua nomina a Segretario della Commissione Bilancio della Camera, e i Capigruppo scrissero alla Presidente Nilde Iotti per dire quanto fosse rischioso una donna in quel ruolo. La Iotti cestinò quella lettera, e non stiamo parlando di 50 anni fa” puntualizza ancora Gentiloni. “L’altra dimensione di questo libro è il bilancio su una grande opera di trasformazione, che fondamentalmente, è rimasta incompiuta” precisa ancora Gentiloni che fa l’esempio delle due principali città italiane. “Negli anni Novanta, Roma era una città piena di cantieri, progetti, iniziative mentre Milano, del dopo Tangentopoli, era una città molto triste che guardava alla capitale con grande invidia. Oggi invece, la situazione è opposta” puntualizza l’ex premier Gentiloni. 



Interviene in chiusura l'autrice del libro, dopo alcune considerazioni della giornalista Maria Latella, "su una donna delle istituzioni, entrata in quel mondo a 21 anni, che ha scelto di scrivere un libro usando un lessico non prudente, senza risparmiare frecciate e commenti". 

"Io non sono mai stata una rivendicazionista femminista" dice Lanzillotta alla folta platea di ospiti in Galleria Alberto Sordi, "ma ho sempre avuto un approccio professionale alla mia carriera, anche se sempre consapevole delle difficoltà di essere donna in alcuni passaggi. Ma nel mio percorso ho incontrato almeno due figure importanti, che hanno avuto un'influenza sulla crescita anche culturale e sono Francesco Rutelli e Giuliano Amato. Esistono comunque delle barriere silenziose che pesano, ma bisogna attrezzarsi e non rinunciare perché si è donna".

In merito alle riforme mancate, spesso parziali del nostro paese, l'ex Vicepresidente del Senato afferma in chiusura "penso ci voglia una riscossa culturale prima di tutto. Io credo che ci sia una sorta di regressione e disorientamento in coloro che hanno guidato il paese per decenni ed ottenuto dei risultati anche se parziali. Hanno pesato l'assenza di una stabilità politica e continuità amministrativa di disegni riformatori di rinnovamento. Nell'ultimo periodo ci aveva pensato Matteo Renzi, ma senza capire la gerarchia delle priorità, è giunta la sconfitta, anche per un certo egoismo delle élite che non volevano il cambiamento". Cambiamento che deve essere prima di tutto culturale e "credibile per creare una nuova connessione con il popolo. E poi in Europa, le tecnocrazie non devono lavorare solo su regole e legge, ma sul soft power, come in America per creare fascino intorno alle istituzioni. Un buon inizio sarebbe estendere l'Erasmus anche alle scuole elementari".
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Gennaio 2019, 18:51
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