Toninelli: «L’Europa apra i suoi porti, l’emergenza va condivisa»

Toninelli: «L’Europa apra tutti i porti così è inaccettabile»

di Umberto Mancini
Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, probabilmente non si sarebbe mai aspettato di dover affrontare anche l’emergenza migranti, oltre ai nodi legati ai ritardi infrastrutturali del nostro Paese. Ma ha ragione il vicepremier Matteo Salvini a fermare le navi ai margini delle coste libiche?
«Il tema - dice il ministro in questa intervista al Messaggero - è la presa in carico del problema a livello Ue. Il caso della nave Aquarius e l’intervento della Spagna rappresentano un primo segnale importante che il governo italiano ha accolto con soddisfazione e con la speranza concreta che si apra una stagione europea di vera condivisione dell’emergenza. Il tema non è la chiusura dei nostri porti, ma l’apertura dei porti degli altri. La Guardia Costiera, che risponde al mio ministero e che compie un lavoro enorme, non può essere lasciata pressoché sola in questo sforzo immane».

E se gli altri Paesi non volessero farsi carico dell’emergenza?
«Ripeto, la mossa della Spagna deve essere l’inizio di una nuova era. Guardi che ho i dati sui salvataggi di quest’anno, fino al 17 giugno. Su 189 imbarcazioni soccorse, sa in quanti casi è intervenuta Frontex? Soltanto otto. 
Ma il problema vero non è nemmeno questo: bisogna evitare che Frontex raccolga i naufraghi e li porti, comunque, tutti in Italia».

Passiamo alla vicenda dello stadio della Roma. Al di là dell’accertamento dei fatti che spetta alla magistratura, la realizzazione dello stadio deve andare avanti? E a quali condizioni?
«Abbiamo ereditato un progetto monstre dalle amministrazioni precedenti che non potevamo cancellare, ma solo migliorare in modo netto. Come ha spiegato la sindaca Raggi, ora bisogna fare un passaggio di verifica sulla regolarità degli atti amministrativi. Una due diligence dell’iter che riguarda sia le infrastrutture che la viabilità di servizio all’impianto. Solo così potremo ragionare sull’eventuale ripartenza».

Ministro, cambiano i governi, ma non sembrano risolti i problemi del rapporto tra la politica e certi potentati economici.
«E’ per questo che la mia formazione politica, che accetta solo micro-donazioni dai cittadini, sta chiedendo con ancora più forza un’operazione di trasparenza che coinvolga non solo i partiti, ma anche le fondazioni ed essi legate. Noi non abbiamo nulla da nascondere, questa è una battaglia che portiamo avanti da anni».

E’ innegabile che in questo quadro il codice degli appalti vada migliorato. In quali direzione, secondo lei? L’obiettivo è dare maggiore trasparenza per evitare episodi di corruzione e il blocco delle opere che poi alla fine penalizza cittadini e amministrazioni?
«Il Codice contiene principi importanti, punta sulla programmazione razionale delle opere, cerca di eliminare una certa alea di discrezionalità e responsabilizza molto le stazioni appaltanti. Sicuramente, però, esistono ancora grandi margini di semplificazione. E questa è una sfida fondamentale, perché spesso, al di là dell’aspetto etico, la corruzione si annida nell’eccessiva complessità delle norme e delle procedure». 

Sul suo tavolo, tra i tanti, c’è il dossier Tav, con annesse polemiche politiche, e poi quello, altrettanto decisivo, delle opere da realizzare al Sud. Quando avrete completato la valutazione delle infrastrutture sul fronte dei costi-benefici? Si è dato dei tempi precisi per una decisione finale e per il via libera?
«Ci sono tanti dossier da analizzare, uno per uno. Ci stiamo lavorando e in qualche settimana daremo le prime risposte. L’Italia ha bisogno di essere meglio connessa al suo interno e verso l’estero, questo non si discute. Ma ci sono infrastrutture che stanno costando troppo in termini economici e ambientali, opere per le quali il gioco non vale la candela. Si tratta quindi di valutarle con attenzione, tenendo in considerazione anche eventuali alternative più sostenibili».

Ma andrete avanti con forza con la «cura del ferro», dando cioè la prevalenza al trasporto su ferrovia?
«Certamente, soprattutto al Sud. La multimodalità, lo sottolineo, è un valore. E il traffico su gomma pesa troppo in Italia, condizionando negativamente anche chi su gomma lavora. Il ferro, poi, non va visto in contrapposizione all’asfalto, l’alternativa tra le due modalità deve e può diventare integrazione». 

Grandi dossier a parte, quali saranno le sfide di prospettiva del suo mandato?
«Direi mobilità più sostenibile e condivisa. Valorizzazione, appunto, dell’intermodalità e nondimeno dell’integrazione tra economia e trasporti, con una forte attenzione al paesaggio e alle bellezze del Paese. Senza dimenticare la valorizzazione razionale del nostro sistema portuale e aeroportuale. L’Italia è il Paese più bello del mondo: deve essere raggiungibile in ogni sua parte, mantenendo intatte le sue meraviglie».

 
Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Giugno 2018, 08:17
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