«Hanno gli occhi spenti, senza emozioni, solo una profonda paura. Hanno visto immagini terribili, persone vicine a loro che sono morte e hanno affrontato un viaggio pieno di sofferenze. Non giocano. Hanno, spesso, dei peluche, li stringono forte a sé come se non fossero giocattoli, ma strumenti di protezione». Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, ha incontrato i bambini soli, in fuga dall'Ucraina, nei centri di accoglienza in Polonia. La onlus è stata a Varsavia per una decina di giorni e il neuropsichiatra conosce bene la loro storia fatta di disperazione, isolamento, terrore. In Italia, secondo le ultime stime, i piccoli profughi senza genitori sono oltre trecento. I pericoli per loro sono terribili, primo tra tutti quello di sparire, vittime della tratta dei minori, cadendo in affidi o adozioni illegali, giri di prostituzione o traffico di organi.
I NUMERI
«Gli sfollati arrivano in maniera incontrollabile. Sono tantissimi i bambini, saliti su bus e treni in fuga dalla guerra, poi abbandonati al loro destino. Quasi sempre senza documenti con il rischio concreto di perderne le tracce», afferma Caffo. Il 90% dei profughi giunti in Italia è composto da donne e bambini: i minori sono quasi 28mila, secondo il monitoraggio del Viminale, su un totale di oltre 70mila profughi. Milano, Roma, Napoli e Bologna le mete principali. Circa 5.000 giovanissimi sono stati accolti nelle scuole. E 277 minori non accompagnati sono stati inseriti nel sistema d'accoglienza italiano, come dichiarato dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: «Le famiglie ne hanno accolti 192 e 82 sono al sicuro in strutture autorizzate dal Tribunale». Ma sono molti di più, assicura Caffo, quelli entrati nel nostro Paese: «I bambini non hanno documenti di riconoscimento. Al confine vengono affidati ai trasportatori, che sanno solo il loro nome e li consegnano ad altri, ma non c'è tracciamento.
«RABBIA E OSTILITA'»
Intanto, i bimbi vanno tutelati. «Arrivano qui dopo essere stati strappati ai loro affetti. Si ritrovano soli, in un Paese di cui non conoscono la lingua - afferma Anna Maria Giannini, docente dell'ateneo Sapienza a Roma ed esperta di Psicologia dell'emergenza dell'Ordine psicologi del Lazio - Per i bambini capire la guerra è difficile, non hanno strumenti per farlo, manifestano rabbia, ostilità, irritabilità. Non basta pensare alla prima accoglienza, occorre guardare al medio e lungo periodo. Sarà un grande lavoro».
Ultimo aggiornamento: Domenica 27 Marzo 2022, 16:18
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