Strage di Bologna, pm chiede l'ergastolo per Cavallini: «Non merita altra pena»

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«Un delitto come questo, nonostante il tempo passato e la condotta successiva dell'imputato non merita altra pena che l'ergastolo». Così il pm Enrico Cieri ha concluso la prima parte della requisitoria nei confronti di Gilberto Cavallini, imputato per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

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 La richiesta di ergastolo per l'ex Nar Gilberto Cavallini, che avrebbe partecipato anche lui, dando supporto logistico, all'attentato più sanguinario della storia del Dopoguerra italiano, insieme ai complici Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva come esecutori materiali.

La requisitoria dell'accusa è andata avanti per tutto il giorno e proseguirà anche domani. Cieri, che da mesi è procuratore capo di Alessandria ma non ha rinunciato a portare a termine il processo, ha ricordato più volte l'oggetto del dibattimento, «che è la strage di Bologna e il coinvolgimento di Cavallini. Noi non ci occuperemo di Anello, di P2 - ha sottolineato - di via Gradoli, della commissione Moro, del delitto Mattarella o di Sergio Picciafuoco». Tutti elementi introdotti dalla difesa di parte civile, che secondo il magistrato e i suoi due colleghi, Antonella Scandellari e Antonello Gustapane, hanno allargato il campo del processo.

«Se doveste ritenere che Cavallini - ha detto Cieri rivolgendosi ai giudici della Corte d'Assise - abbia semplicemente offerto ai tre condannati in via definitiva solo un passaggio fino a Bologna, il giorno della strage, mentre lui si dedicava ad altro, quantomeno dovete tenere in considerazione il suo contributo ad aver offerto una base logistica e documenti contraffatti. In tutti i casi si tratta di una condotta di partecipazione colpevole alla strage, che lo deve far ritenere responsabile».

Per l'accusa ci sono 'quattro chiodì che costituiscono gli indizi su cui si fondò la condanna di Mambro, Fioravanti e Ciavardini, e che «devono portarvi alla conclusione assolutamente obbligata della condivisione piena del progetto stragista anche da parte di Cavallini, che in quei giorni ospitò il resto della banda in casa sua e di Flavia Sbrojavacca a Villorba di Treviso». I 'quattro chiodì, ha spiegato Cieri, sono le dichiarazioni di Massimo Sparti, principale accusatore dei Nar per la strage e il movente dell'omicidio di Francesco Mangiameli, leader siciliano di Terza Posizione, ucciso perché avrebbe potuto rivelare «sconcertanti responsabilità sulla strage». E ancora, la telefonata di Luigi Ciavardini a Cecilia Loreti, sua amica, per avvisarla di posticipare un viaggio a Venezia già fissato per il 2 agosto, poi infine il fatto che l'alibi fornito dai Nar per il giorno della strage è «fasullo».

Secondo i pm non è credibile che i quattro, sempre insieme nei delitti subito prima e subito dopo l'attentato, la mattina del 2 agosto si siano divisi, «che solo in tre siano andati a Bologna con 15 chili di tritolo, non si capisce come, visto che erano tutti nella macchina di Flavia Sbrojavacca, e che invece Cavallini sia andato a Venezia da solo per far filettare un'arma».
In altre parole il gruppo agiva sempre 'unitò, anche quella tragica mattina. «Cavallini sta a Mambro e Fioravanti cosi come Ciavardini sta a Mambro e Fioravanti - ha ribadito anche la pm Scandellari - quindi è responsabile al pari degli altri della strage di Bologna. Se fino adesso non è stato appurato, dobbiamo appurare che è stato commesso un errore giudiziario».

 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Novembre 2019, 19:12
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