"Sex & the city" siamo noi, "just like that"!

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di Barbara Gubellini

“Sex &the city” è tornato. E finalmente anch’io l’ho visto. E’ un “reboot”, non un sequel, e infatti ha un nome nuovo. Si chiama “And just like that” che tradotto suona qualcosa tipo: “e così, tutto d’un tratto”.

Le protagoniste sono le stesse - manca solo la sessuomane e simpaticissima Samantha - ma nelle vite di ognuna di loro, “just like that - così, tutto d’un tratto”, cambia tutto.  La cosa curiosa è che tutti i cambiamenti riguardano da vicino i temi di cui parliamo in questa rubrica. A vedere i primi cinque episodi, mi è sembrato di ripercorrere tutti gli argomenti che ho condiviso con voi quest’anno.

“Just like that” Miranda, l’avvocatessa in carriera, non si riconosce più nella vita che ha scelto e vive un’esperienza sessuale con una “queer”, cioè una donna che non si sente né donna né uomo. “Just like that” Rose, figlia della perfetta Charlotte, decide di farsi chiamare Rock, a scuola, perché rifiuta la propria identità di genere.

Un po’ è per via delle nuove regole di Hollywood, dove ormai il politicamente corretto la fa da padrone e guai se non sei inclusivo e non metti un transgender o un gay in un film e via dicendo.

Ma io voglio vedere il bicchiere mezzo pieno e vi dico invece che Sex & the city è da sempre è uno specchio dei tempi e il reboot non fa che confermarlo.

 “And just like that” mette in discussione le certezze sui maschi e le femmine e su cosa ci si aspetta da loro. Ed è un po’ quello che sta accadendo intorno a noi, così, “tutto d’un tratto”. O sbaglio?


Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Gennaio 2022, 21:51
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