Non correre come un maschiaccio! Che fai? Piangi come una femminuccia? Quante volte le abbiamo sentite queste frasi? Stanno alla nostra infanzia come le ginocchia sbucciate, le caramelle o la maestra che ci chiama alla lavagna. E forse le ripetiamo ai nostri figli. Così, senza pensarci. Frasi innocue, direte voi. E invece no: appartengono alla famiglia dei cosiddetti “stereotipi di genere”, quelli su cui attecchisce la disparità tra uomo e donna, tanto per capirci. Le “cose da femmina” e le “cose da maschio” sono proprio lo zoccolo duro della disparità. Tutto parte da lì: la scelta dei giochi, da piccoli, (guerra e azione=maschi, cura e bellezza=femmine), il nostro percorso di studi (la scienza è “roba da maschi”, no? Peccato che il Nobel 2020 per la Chimica è andato a due donne!), fino al lavoro che troveremo -o che non troveremo (in Italia lavora meno del 50% delle donne)-.
Ma voi lo sapevate che in Svezia -paese sempre in vetta alle classifiche europee sulla parità di genere-, a scuola tutti, maschi e femmine, studiano sia cucito che falegnameria? Poi, a 14 anni, devono scegliere una delle due materie e -udite, udite- ci sono ragazze che preferiscono chiodi e martello ad ago e filo e viceversa. E nessuno si stupisce.
Oggi una delle promesse mondiali dell’arrampicata sportiva è una 19enne di Roma, si chiama Laura Rogora e io sono sicura di una cosa: quando era piccola, al parchetto, nessuno le ha mai urlato: “Laura, scendi da quell’albero, non fare il maschiaccio!”
Ultimo aggiornamento: Martedì 15 Febbraio 2022, 11:39
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