8 marzo, Festa della Donna: lo smart working non è solo per loro

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di Barbara Gubellini

Tra i tanti modi possibili, per celebrare questo 8 Marzo, ho pensato che forse uno, più di tutti, merita oggi la nostra attenzione: lo smart working.

Fino a prima della pandemia, per gli italiani era un’usanza “esotica”, da paesi evoluti. Poi, due anni fa, con il primo lockdown, è arrivato anche da noi. Con una formula improvvisata - è bene dirlo - perché né Stato né aziende, in quel momento, hanno avuto il tempo di mettere a punto orari e modalità. In sostanza, per l’Italia, lo smart working è stato il lavorare da casa, i più fortunati con un computer in dotazione. Ma questa è un’altra storia. Ora, secondo me, il problema è un altro.

A Maggio 2020, infatti, quando è stato possibile tornare in presenza, ma i ragazzi erano ancora in DAD, a rientrare in ufficio sono stati per lo più gli uomini. A quel punto, il rischio che si profilava all’orizzonte è stato chiaro. E ancora di più lo è stato dall’anno successivo, quando soprattutto le donne hanno continuato a restare “in smart”.

Ora che l’allarme Covid sta per terminare, ci si chiede in che luogo sarà il nostro futuro lavorativo.

E a mio parere è al bivio dello smart working si gioca la partita cruciale per il lavoro femminile.

Poter lavorare da casa può cancellare le logiche del presenzialismo e portare meritocrazia, permettendo a chi è genitore di conciliare lavoro e famiglia. Lo smart working consente infatti di abbattere le disparità, ma a un patto: che sia uno strumento utilizzato da tutti, uomini e donne. Chi ha orecchie per intendere intenda.

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Giornalista, autrice e conduttrice tv. Da anni realizza reportage di approfondimento su ambiente, sostenibilità e temi sociali. L'argomento che più la appassiona è la parità di genere. E' mamma di due bambini.

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Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Marzo 2022, 20:28
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