«Il governo riparta da Roma». Altolà della sindaca a Salvini e Di Maio: «Voglio i superpoteri»

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di Davide Desario e Franco Pasqualetti
«Buongiorno, scusate il ritardo». Virginia Raggi arriva nella saletta dell’orologio, l’anticamera del suo ufficio in Campidoglio, con qualche foglio in mano e un sorriso stampato. Al di là della porta si sentono delle risa: «Sono dei dipendenti dell’Ama che mi hanno chiesto di fare un selfie con loro...». Ma Virginia Raggi è così. Lo si capisce da quello studio con vista mozzafiato sui Fori: accanto al busto della ninfa romana di epoca imperiale spicca un cuore gigante che le hanno regalato dei manifestanti, i lavoretti del figlio, disegni e foto che ogni giorno i cittadini le recapitano in piazza del Campidoglio. Quando inizia a parlare, a rispondere alle domande, anche quelle più scomode, tira fuori le unghie: «Io mi sarei avvicinata a Zingaretti? Veramente è lui che ha cercato me...». Salvini chiede di portare i ministeri via da Roma: «Un’ipotesi balorda, che rispediamo al mittente». La sintesi è sempre la stessa: nessuno tocchi la Capitale d’Italia. Ma c’è di più: Virginia Raggi alza i toni e chiede rispetto per l’istituzione del sindaco della Capitale e, soprattutto, manda messaggi precisi al Governo: «Più risorse, poteri e autonomia per Roma».

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Salvini al Governo con i Cinque Stelle già pensa di spolpare Roma trasferendo alcuni ministeri al Sud. E il sindaco di Roma dice solo che si tratta di ipotesi balorda?
«Ipotesi balorda e irricevibile. Non va presa in considerazione. Ho apprezzato di più, invece, il passaggio (nell’intervista al Messaggero ndr) su maggiori poteri a Roma. Finalmente si stanno accendendo i riflettori sul ruolo della Capitale. Roma deve essere messa sullo stesso piano delle altre Capitali internazionali. I ministeri non vanno spostati. Roma ha bisogno che finalmente il governo riconosca i poteri che le altre capitali hanno negli altri Paesi».

Cosa pretende che ci sia nel nuovo programma di governo? «Su Roma bisogna avere il coraggio di dare risorse, poteri e competenze anche in materia legislativa e di dare più autonomia a questa città». Intanto però molte importanti aziende, da Sky a Mediaset, lasciano la Capitale. Come pensa di frenare questa fuga? «Si tratta di decisioni prese anni fa e di cui ora, sfortunatamente, si vedono gli effetti. La capitale di un Paese deve avere gli strumenti per competere a livello internazionale».

Si spieghi meglio. «Roma deve poter attrarre come New York, Londra, Shanghai, Parigi, Tokyo. E per farlo deve avere gli stessi mezzi che hanno queste grandi metropoli: più autonomia, meno burocrazia e più risorse economiche. Parigi riceve fondi speciali di rappresentanza dallo Stato; a Berlino i cittadini protestano per le buche sulle strade e il Senato immediatamente investe 25,75 milioni di euro per ripararle. A Roma, invece, i tre milioni di residenti sono costretti a pagare con le proprie tasse i servizi per i 4,5 milioni di persone che, tra pendolari, turisti e studenti, ogni giorno “vivono” la città».

Ma per ridurre il gap con il Nord del Paese non sarebbe anche il caso di portare a Roma nuove realtà? Perché ha detto no alla candidatura di Roma per la sede dell’agenzia farmaceutica che lascia l’Inghilterra?
«Abbiamo coinvolto le principali aziende a livello mondiale nel progetto di rivoluzione del trasporto urbano puntando sull’elettrico. La ricerca è importante: Roma è una eccellenza a livello internazionale grazie alla presenza di università, centri studi e di ricerca. Puntiamo sul 5G, la trasmissione dati ad altissima velocità, per attrarre nuove start up. Lavorariamo anche sull’immagine: il 14 aprile ospiteremo la prima e unica tappa della Formula E in Italia, mettendoci sullo stesso piano di Usa, Cina, Francia, Gran Bretagna».

Non ha risposto sul “caso Ema” «Sfatiamo questa bugia: non abbiamo detto alcun no, anzi nel luglio del 2016 ho inviato personalmente una lettera alla Regione Lazio per sostenere insieme la candidatura di Roma. La lettera eccola qui. Il governo ha poi deciso di candidare Milano».

L’ex ministro Calenda aveva istituito un tavolo per Roma. Perché non è riuscita ad andare d’accordo con lui? «Le polemiche non mi interessano. Dico soltanto che dei famosi 3,2 mld non si è visto un euro. Eppure le assicuro che, se anche nel piatto ci fossero stati pochi milioni, li avremmo presi immediatamente per il bene della città. Il resto è campagna elettorale. Fortunatamente è passata».

Nel nuovo quadro nazionale che si va delineando, con un governo “amico”, direbbe ancora no a una candidatura olimpica di Roma? «Noi abbiamo detto che sarebbe stato da irresponsabili finanziare un progetto che non avrebbe portato benefici alla città ma soltanto ulteriori debiti. Roma e l’Italia non possono permettersi altri debiti. Parigi 2024 ha già visto aumentare di 660 milioni i costi rispetto al budget previsto e siamo soltanto nel 2018. La Corte dei Conti francese ha espresso forti critiche sulla candidatura».

I maligni, invece, dicono che Grillo abbia detto no a Roma e sì a Torino perché si fida della Appendino e non di lei. «Le scelte su Roma le prendo io su mandato degli elettori. Nel mio programma avevo detto “no alle olimpiadi” e sono stata votata da 800mila persone. La scelta di Torino è diversa: hanno ospitato i Giochi 12 anni fa e hanno tutte le strutture già pronte per ospitarle. L’impegno economico sarebbe minimo».

Al ministro che prenderà il posto di Franceschini chiederete di riprendervi la gestione del Colosseo, di azzerare la riforma che ha istituito il Parco? «Non abbiamo cambiato idea. Il patrimonio storico e archeologico della città appartiene a tutti: le risorse che arrivano dal Colosseo vanno distribuite a tutti. Non possiamo realizzare una città per i ricchi e i turisti, e tante periferie per i poveri. Non è giusto che chi abita a Tor Bella Monaca sia penalizzato rispetto a chi abita a due passi dai Fori. Il nostro confronto proseguirà anche con il nuovo governo».

Si è riavvicinata al presidente della Regione Lazio Zingaretti che governa senza maggioranza: crede finalmente di strappare i poteri previsti dalla riforma di Roma Capitale finora mai avuti? «In realtà è stato lui a riavvicinarsi... A parte la battuta, è finalmente finita la campagna elettorale con le sue inutile polemiche. Così come chiediamo al governo di attivarsi, lo chiediamo anche alla Regione. Tutte le istituzioni devono fare la propria parte affinché l’interesse dei cittadini prevalga su tutto. A Zingaretti ho strappato un impegno per realizzare finalmente un piano rifiuti regionale che sia in linea con il nostro. E lo sblocco veloce dei fondi sulla Roma-Lido».

Rutelli ha fatto l’Auditorium e il sottopasso di Castel Sant’Angelo, Veltroni la Festa del Cinema, il ponte della Musica, Alemanno la Formula E, Marino la pedonalizzazione dei Fori. E la Raggi? «Con una battuta direi che tutti quelli che ha citato hanno fatto anche quei 13 miliardi di debito che noi romani paghiamo ogni anno: una rata di 200 milioni. Ma non fa ridere molto. Sa quanto servirebbe per rimettere a posto le strade, dopo anni di mancata manutenzione e le truffe come quelle che hanno portato ladri in carcere? Oltre un miliardo di euro. Ebbene, il Comune può investirne al massimo 30 milioni l’anno. Prima non spendevano neanche quelli. Quanto alla Formula E, Alemanno avrebbe voluto farla ma non ci è riuscito in 5 anni. Noi in un anno e mezzo l’abbiamo portata a Roma. Intanto, abbiamo approvato due bilanci in tempo e senza debiti riportando legalità nei bandi pubblici».

Per buche e allagamenti date sempre la colpa alle precedenti amministrazioni. Ma tra poco sono due anni che governate la Capitale. «Se per anni hanno rifatto l’asfalto con la sabbia invece che con il catrame, devo fare finta di nulla? Mi rimbocco le maniche e lavoro ma non posso non raccontare la verità. In ogni caso, la nostra cura sta già facendo effetto. Rispetto al passato un evento imprevedibile come la neve di questo febbraio ha creato minori disagi perché abbiamo pianificato: cosa che prima non facevano. Anche l’Anac ha riconosciuto che siamo sulla strada giusta e che appalti e affidamenti sono ripartiti nel solco della massima trasparenza».

Però non sono ancora stati spesi tutti i fondi stanziati dal governo per il Giubileo del 2016? «Quei fondi li abbiamo salvati, finalizzando i progetti e mettendoli a gara. Sarebbero andati persi perché i miei predecessori non avevano programmato. Il Giubileo è iniziato nel dicembre del 2015, io sono arrivata in Campidoglio nel luglio 2016: mi sarei aspettata che avessero già pianificato tutto prima dell’evento».

Il presidente Fico a Montecitorio in bus. La preoccupa vista l’inefficienza dell’Atac? O pensa che tra poco smette come Marino con la bicicletta?

«La nomina di Roberto Fico è una buona notizia per le istituzioni perché le ha finalmente riportate tra la gente: il presidente della Camera che prende un mezzo pubblico. Prima queste storie arrivavano dalla Svezia, dalla Danimarca. Ora è realtà in Italia grazie al M5S. Quanto all’Atac anche Roberto vuole che resti pubblica e fa il tifo per noi che la stiamo risanando. In un anno e mezzo abbiamo messo in strada quasi 300 mezzi in più».

Non si notano molto.
«Sono ancora pochi ma abbiamo invertito la rotta. E ne arriveranno altri 600 nuovi».

A proposito, il concordato sull’Atac è a rischio e a giugno c’è il referendum sulla privatizzazione. Non teme che scoppi una bomba sociale? «L’azienda silenziosamente e con impegno sta lavorando per il risanamento e il rilancio del trasporto pubblico. Sono fiduciosa. Io non voglio che ci siano linea di serie A per il centro e linee di serie B per le periferie. Per me Roma è una».

Salario accessorio dei dipendenti comunali: il nodo sembra ancora non essersi sciolto. Sono pronti ricorsi e rischia di saltare il tavolo. «Roma è stata d’esempio a livello nazionale. Abbiamo chiuso un accordo che valuta i lavoratori sulla base dei risultati. Addio ai premi a pioggia. Il nostro accordo è poi stato ripreso dal governo. Facessero tutti i risorsi che vogliono...».

La sua giunta ha perso molti pezzi. L’ultimo è l’assessore Meloni.. ma è così difficile lavorare con lei?
«Beh, diciamo che non le faccio passare lisce. C’è un programma e pretendo che sia seguito. Chi non lo fa, può accomodarsi fuori. Quanto a Meloni, mi ha chiesto di potersi dedicare alla sua famiglia e alla sua azienda a Milano. Resterà con un ruolo singolo e si dedicherà solo al turismo, tema sul quale abbiamo già registrato un’inversione di tendenza. Come vede, non è poi così difficile lavorare con me… Anzi posso fare io una domanda a lei?»

Certo

«Da che parte sta Leggo?»

Dalla parte di tutti coloro che difendono Roma.

«Dipende da chi… Scherzo (ride ndr)».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Aprile 2018, 15:45
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