Terremoto a Roma, il geologo del Cnr: «È la stessa faglia di Amatrice. Vicino ai fiumi il sisma si avverte di più»
di Paolo Travisi
«Sul database dell’INGV non ci sono altre registrazioni. Scosse di minima energia possono esserci».
Allora se ne verificheranno altre?
«E’ stato un terremoto piccolo, con magnitudo 3.3: ogni anno ce ne sono centinaia in Italia. E’ stato molto avvertito perché in una zona densamente abitata».
Che origine ha questo terremoto?
«Tettonica, ovvero dei movimenti della crosta terrestre, simile a quelli del 2016 ad Amatrice a Norcia, ma che furono di entità ben superiore».
Quali fattori determinano una maggiore percezione da parte degli abitanti?
«Innanzitutto la profondità, che in questo caso è di circa 10 km nel sottosuolo. Anche se in casi di terremoti lievi, la misura può essere errata e corretta nei giorni seguenti. Comunque, fino a 10 km (una profondità debole), le onde sismiche sono avvertite di più».
Il sottosuolo di Roma può assecondare i movimenti di una scossa tellurica?
«Le onde sismiche sono amplificate nelle aree fluviali. E Roma ha due fiumi, Tevere ed Aniene: quindi le case poggiano su sedimenti soffici fluviali e nelle aree vallive. Quando le onde impattano contro queste rocce più soffici, “rallentano” improvvisamente e si “sommano” l’una con l’altra. Quindi il movimento è lento, ma più ampio».
Roma ha vissuto altri terremoti. C’è il rischio che se ne possa verificare uno di forte entità?
«Non si può escludere. Nel passato Roma ha risentito di scosse nelle zone limitrofe, quella vulcanica dei Colli Albani e dell’appennino reatino a nord. Il più dannoso fu nel 1349, nell’appennino centro-meridionale: lo scrittore Francesco Petrarca venne per il Giubileo e descrisse una città molto danneggiata».
Che impatto avrebbe sugli edifici?
«Varrebbe la pena controllare il livello di anti-sismicità del proprio fabbricato».
Ultimo aggiornamento: Martedì 12 Maggio 2020, 10:35
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