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«Stefano Cucchi morto per le lesioni, non epilessia»: le motivazioni della sentenza. La sorella Ilaria: «La verità urlata per anni»
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«Stefano Cucchi, vivendo sino alla sera del 15 ottobre del 2009, in una condizione di sostanziale benessere, se non avesse subito un evento traumatico». È quanto scrivono i giudici della corte d'Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato due carabinieri a 12 anni per il pestaggio, si tratta di Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro accusati omicidio preterintezione, e il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, entrambi per falso.
Per evento traumatico la corte indica una «azione lesiva inferta da taluno», un'azione che ha generato «molteplici e gravi lesioni, con l'instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte». «Una catena causale - afferma la corte - che parte, dunque, da un'azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un'evoluzione patologica alla fine letale».
«Sono emozionata: è esattamente tutta la verità così come l'abbiamo sostenuta e urlata invano per tanti anni. Parole semplici per una verità semplice che qualcuno ha voluto complicare e qualcun altro non vedere». Così Ilaria Cucchi commenta le motivazioni della sentenza.
Per i giudici si tratta di «uno schema che, così, corrisponde perfettamente alla previsione normativa in tema di nesso di casualità tra condotta illecita ed evento e che, d'altra parte, rende chiara la differenza tra la mera causalità biologica, secondo la quale nessuna delle singole lesioni subite da Cucchi sarebbe stata idonea a cagionare la morte, e la causalità giuridico penale, nel rispetto della quale il nesso di causalità sussiste se quelle lesioni, conseguenza di condotta delittuosa, siano state tali da innescare una serie di eventi terminati con la morte, così come si è verificato nel caso in esame».
I GIUDICI: «MORTE ORIGINATA DALLA LESIONE, NO EPILESSIA»
La morte di Stefano Cucchi fu «originata dalla lesione in S4 tale da determinare un'aritmia letale». Rilevata invece l'«inconsistenza della tesi della morte per Sudep (morte improvvisa per epilessia da pazienti in buono stato di salute ndr), mera ipotesi non suffragata, anzi smentita, da alcuna evidenza clinica». È quanto scrivono i giudici della corte d'Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato due carabinieri a 12 anni per il pestaggio e altri due per falso.
Causa della morte di Cucchi dunque, - secondo quanto si legge nelle motivazioni, è stata «una concatenazione polifattoriale in cui essenziale, se non unico, è risultato un riflesso vagale connesso alla vescica neurogenica originata dalla lesione in S4 tale da determinare un'aritmia letale». Dunque una «concatenazione» di fattori, originati dalla lesione, ha causato la morte di Stefano Cucchi e non l'epilessia.
LA CORTE: «I CARABINIERI HANNO VIOLATO IL DOVERE DI TUTELA DELLA PERSONA»
«È indiscutibile che la reazione tenuta da Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo sia stata illecita e ingiustificabile. Una azione violenta nel corso dello svolgimento del servizio d'istituto, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l'incolumità fisica della persona sottoposta al loro controllo». Così i giudici della Corte d'Assise nelle motivazioni della sentenza di condanna, tra gli altri, di due carabinieri a 12 anni per il pestaggio di Cucchi.
I giudici della Corte d'Assise rilevano inoltre che «il fatto si è svolto in un locale della caserma ove nessuno estraneo poteva avvedersi di quanto stava accadendo, in piena notte ai danni di una persona decisamente minuta e di compressioni fisica molto meno prestante rispetto a quella dei due militari».
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