Le 14enni violentate da un rom e il racconto choc: "Ci ha legato, non avevamo scampo"

Le 14enni violentate da un rom e il racconto choc: "Ci ha legato, non avevamo scampo"
«Ci hanno trascinato su alcuni divani vecchi, ammucchiati in un angolo nascosto ai bordi della strada, poi hanno tirato fuori le manette e abbiamo capito che non avevamo scampo». Inizia così, tra lacrime e singhiozzi, il racconto delle due 14enni violentate a Roma, al quartiere Collatino, lo scorso maggio. Della violenza sessuale sono accusati, a vario titolo, due rom di origine bosniaca: Mario Seferovic, più noto col soprannome di 'Alessio il Sinto', e Maikon Bilomante Halilovic, che si fa chiamare Cristian.



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Ieri le due adolescenti sono state ascoltate, in sede di incidente probatorio e in audizione protetta, dalla Procura. Il loro racconto, davanti al procuratore aggiunto Maria Monteleone e ad una psicologa, è lucido e dettagliato, ma nel momento di ricordare la violenza subita le due ragazzine non sono riuscite ad andare avanti, interrotte dal pianto. Dopo lo stupro e le botte, anche le minacce di morte. Seferovic, infatti, non avrebbe usato mezzi termini, stando al racconto delle vittime: «Se parlate, vi ammazzo».

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La Procura ha cercato di ricostruire la vicenda. Una delle due 14enni aveva conosciuto 'Alessio il Sinto', sempre vestito con abiti firmati e alla moda, su Facebook; il ventenne poi avrebbe chiesto alla ragazzina di uscire e lei avrebbe accettato l'invito. «La mia amica mi sconsigliava di andare, ma sono riuscita a convincerla e siamo andate insieme. Era una trappola», ricorda l'adolescente. L'incontro con i due rom è avvenuto nel quartiere Collatino e, poco dopo, le ragazzine erano state condotte in una strada poco frequentata: «Cristian era rimasto in fondo alla strada a fare da palo, a controllare che nessuno arrivasse o potesse salvarci. A quel punto Alessio ci ha legate e ci ha tolto i vestiti. Abbiamo saputo solo dopo i loro veri nomi».

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Il racconto confermerebbe la premeditazione, motivo per cui il gip aveva chiesto per i due bosniaci un ordine di cattura per stupro di gruppo e sequestro di persona: «La scelta del luogo e l'utilizzo delle manette per immobilizzare le vittime fa pensare ad uno stupro programmato, così come la scelta di un complice pronto a sorvegliare l'accesso dalla strada e l'utilizzo di una ferocia non comune». Le minacce di morte successive alla violenza, però, per un mese hanno fatto desistere le due ragazzine, fino a quando una di loro non si è confidata con la madre, che si è rivolta ai carabinieri. La denuncia, finita al pm Antonio Calaresu, ha portato quindi all'immediato arresto dei due sospettati. 'Alessio il Sinto', però, quel giorno aveva minimizzato così: «Ma quale stupro, era un gioco».
Ultimo aggiornamento: Martedì 30 Gennaio 2018, 12:51
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