Il mistero di Gabriele Di Ponto, la rivelazione choc del pentito «Il suo corpo? Gettato in un tombino a San Basilio»

Il mistero dell'Ultrà laziale scomparso, la rivelazione choc del pentito «Il suo corpo? Fatto a pezzi e gettato in un tombino a San Basilio»

di Emilio Orlando
«Il corpo fatto a pezzi di Gabriele Di Ponto gettato in un tombino a San Basilio». È la sconvolgente dichiarazione di un collaboratore di giustizia che, nei giorni scorsi, che si è recato dagli investigatori che indagano sulla scomparsa dell’ultrà laziale di cui ad agosto del 2015 fu ritrovato solo un piede sulle rive dell’Aniene.

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Il collaboratore di giustizia ha svelato agli inquirenti che l’omicidio di Di Ponto sarebbe maturato nel contesto di un regolamento di conti nell’ambito della droga e che il suo corpo è stato straziato, gettato in una fognatura nella roccaforte dello spaccio e che l’arto è stato abbandonato in un posto diverso da dove era stato ucciso per lanciare un messaggio inquietante ad eventuali sodali infedeli. Nella scorsa estate erano emersi altri particolari utili a ricostruire la vicenda dell’orrore di cui rimase protagonista il pregiudicato trentaseienne legato al clan di Fabrizio Piscitelli assassinato in via Lemonia al Parco degli Acquedotti.

L’identificazione di Gabriele Di Ponto avvenne grazie ad un tatuaggio che avvolgeva il polpaccio in cui c’era scritto: “Ogni giorno è buono per morire” con accanto la figura di Mr. Enrich, simbolo degli ultras Laziali. La sconcertante rivelazione, potrebbe gettare nuova luce sulle indagini della sezione omicidi della squadra mobile, che subito dopo il macabro ritrovamento indagarono su un uomo che si rivelò successivamente estraneo all’omicidio ed alla soppressione di cadavere. 

Gli inquirenti non escludono che Di Ponto venne prelevato sotto la minaccia delle armi da un gruppo di albanesi al soldo della ‘Ndrangheta e condotto in un appartamento a San Basilio dove prima di essere fatto a pezzi venne ucciso. Pur non essendo un grosso spacciatore aveva comunque un giro di pusher con cui aveva provato ad impossessarsi di una piazza di spaccio sottraendola ad una ‘Ndrina che controlla il quartiere. Durante gli interrogatori che si svolsero dopo la sua scomparsa la polizia di trovò davanti ad un muro di omertà e reticenza insormontabile. Quest’ultima rivelazione potrebbe riscrivere le indagini ed aprire nuovi scenari che potrebbero condurre alla risoluzione del giallo.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Gennaio 2020, 09:06
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