Il regista Enrico Vanzina: "La vita qui è comicità, perciò la romanità nel cinema e nel teatro è immortale"

Il regista Enrico Vanzina: "La vita qui è comicità, perciò la romanità nel cinema e nel teatro è immortale"

di Lorena Loiacono

Enrico Vanzina, regista e sceneggiatore, perché tornano in scena i personaggi più iconici per i romani? 
«Perché rispecchiano l’ironia romana, quell’atteggiamento tutto nostro verso la vita che ci fa comunque sorridere. E poi, parliamoci chiaro: il cinema, anche se è nato a Torino, parte da Roma e lo stesso vale per l’umorismo e la comicità nel cinema». 
Il cinema è romanocentrico? 
«Lo è stato per tanto tempo, specie all’inizio: l’umorismo romano, la romanità in chiave di commedia è stata centrale nel cinema. Sullo stesso piano anche l’umorismo napoletano, grazie a Totò e Peppino De Filippo,. Solo dopo si sono aggiunti, lentamente, tutti gli altri». 
Quali è giusto citare? 
«Ho iniziato io con il primo con Pozzetto, portando un umorismo del Nord a cui non si era abituati. Poi ho fatto debuttare anche Abatantuono e la città in cui ho fatto più film è Milano ma servivano i romani per farlo. Solo dopo sono arrivati Aldo Giovanni e Giacomo, i toscani con Pieraccioni e ora i pugliesi con Zalone. I comici romani ci sono sempre stati». 
La romanità che non tramonta mai? 
«Nella romanità, ci sono personaggi che vanno al di là del dialetto: sono icone nazionali.

Mio padre Steno ha lavorato sia con Sordi sia con la Sora Lella: hanno creato uno stile ben definito, vengono riproposti con un valore antropologico molto forte”.


Sora Lella è stata tra le prime donne comiche?

«Ce ne sono poche e sono, per lo più, romane: da Monica Vitti a Paola Cortellesi. Personaggi cinematografici fortissimi». 
I film più iconici dell’umorismo romano? 
«”Un americano a Roma”, “Il Marchese del Grillo” e “Febbre da cavallo”. Poi c’è Carlo Verdone».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Ottobre 2022, 09:40
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