Roma, l'autista del bus aggredito dalla baby gang: «Ora ho paura di tornare al lavoro»

Roma, l'autista del bus aggredito dalla baby gang: «Ora ho paura di tornare al lavoro»
«Ero appena partito dal capolinea di Primavalle, in direzione centro, e avevo subito notato quel gruppetto di ragazzi che non erano tranquilli. Eppure, vedendo quanto fossero giovani, non mi ero allarmato». Inizia così il racconto di Lucio Iannucci, il 52enne autista dell'Atac aggredito da una baby gang su un bus della linea 46 e finito in ospedale.

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A La Repubblica, l'autista del bus, ancora convalescente, racconta l'incubo vissuto e lancia l'allarme sulla sicurezza per lui e tutti i suoi colleghi. «Ero appena partito, in direzione Campo de' Fiori, quando quei ragazzi hanno tirato la leva d'emergenza del bus. Mi sono fermato per ripristinare il sistema, sono sceso ddalla mia postazione e li ho redarguiti. A quel punto, ho sentito da dietro una forte botta in testa e hanno iniziato a picchiarmi a turno» - racconta l'autista - «Sono caduto a terra, cercavo di proteggermi il viso con le mani ma non hanno avuto pietà e mi hanno preso a calci. Non ho mai visto così tanta violenza e così tanta rabbia».

L'aggressione è avvenuta davanti ad alcuni passeggeri, che non sono intervenuti. «Ma li capisco, erano tutti terrorizzati, perché quei ragazzi erano delle belve. Poi appena sono andati via, una ragazza mi ha portato del ghiaccio e una coppia ha chiamato i soccorsi. Poi credo di aver perso conoscenza, perché non ricordo nulla fino all'arrivo della polizia e dell'ambulanza» - racconta ancora l'autista Atac - «Una volta al pronto soccorso, i medici hanno deciso di ricoverarmi per una notte e gli agenti mi hanno informato che stavano cercando quei ragazzi».

L'identificazione dei responsabili procede in modo graduale, ma Lucio Iannucci ammette di non sentirsi sicuro: «Ho paura di tornare al lavoro. Quei ragazzi non hanno avuto paura di nulla, se avessero avuto un coltello, l'avrebbero usato. Per loro era solo un gioco, una sfida, un divertimento. Sto ancora male, i medici devono ancora decidere se è il caso di operarmi al setto nasale. Sono sconvolto e la mia famiglia lo è ancora di più: mia figlia e mia moglie non fanno altro che piangere, mentirei se dicessi che sono sereno».

L'autista aggredito, poi, lancia un appello alle istituzioni: «Ho molta paura per me e per i miei colleghi, quella sulla sicurezza è una battaglia che portiamo avanti da anni ma nessuna amministrazione ci ha mai ascoltati e questi sono i risultati. Non siamo tutelati abbastanza, io non so se riuscirò a tornare al lavoro e questo mi spaventa. Ora passerò il tempo a casa anche per riprendermi psicologicamente».
Ultimo aggiornamento: Domenica 22 Settembre 2019, 15:04
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