Maltrattava la compagna, più volte l'aveva torturata fino a costringerla a tatuarsi il suo nome in volto. L'uomo era stato condannato a sei anni e otto mesi di reclusione ma dopo la sentenza aveva deciso di fare ricorso. Il tribunale però, come riportato da la Repubblica lo ha respinto. I due, dopo essersi conosciuti sui social network, avevano iniziato a convivere: anche se per un breve periodo, bastante per essere considerato dalla Cassazione intenso e stabile.
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Il suo nome sul viso della compagna come segno di appartenenza
Maltrattamenti aggravati e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso: queste le accuse ad Andrea Lombardi. «In particolare – scrive la Cassazione – il reato sarebbe stato commesso inducendo in errore l'esecutore materiale di alcuni tatuaggi impressi al volto della vittima, circa la sussistenza del consenso di quest'ultima». Stando a quanto detto dal Pm, l'uomo avrebbe maltrattato la compagna aggredendola quotidianamente, sia verbalmente che fisicamente costringendola a marchiarsi il suo nome sul sopracciglio destro come segno di appartenenza.
La condanna
Il compagno della donna è stato condannato con rito abbreviato in primo grado dal Gup del Tribunale di Velletri e poi nel febbraio 2021 dalla Corte di Appello di Roma. Dopo il ricorso, che sosteneva la mancanza di un legame abbastanza duraturo, è stato necessario procedere anche nella Quinta sezione penale. La Suprema Corte, si è espressa ha spiegando: «Tra i due emerge un rapporto che, pur non essendo durato a lungo, è stato intenso e stabile e che la coppia progettava di prolungare la vita in comune: è quindi configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia anche in presenza di un rapporto di convivenza di breve durata, instabile e anomalo, purché sia sorta una prospettiva di stabilità e una attesa di reciproca solidarietà». Adesso l'uomo dovrà scontare la pena e pagare tutte le spese processuali.
Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Marzo 2023, 11:43
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