Mafia, blitz contro il clan Fragalà. Il boss intercettato: «Se mi sento tradito ammazzo anche mio figlio»

Video
«Io quando mi sento tradito da qualcuno, che potrebbe anche essere mio padre o mio figlio, io gli spar'. Dice 'che ammazzeresti tuo figlio?' Sì sì, perché no, Se mio figlio cammina con me, facciamo il reato insieme e mi tradisce, io lo ammazzo». Così parlava in una conversazione captata dagli investigatori nel 2015 il boss Alessandro Fragalà, finito in manette oggi nell'ambito dell'operazione dei carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha portato a una trentina di arresti e perquisizioni in provincia di Roma e Catania.

Il blitz dei carabinieri del Ros tra le province di Roma e Catania contro presunti appartenenti al clan Fragalà: arresti e perquisizioni sono scattati nei confronti di numerosi soggetti ritenuti responsabili di intimidazioni a commercianti e imprenditori, estorsioni, minacce e attentati nell'area a sud della Capitale tra Ardea, Pomezia e Torvajanica. Dalle indagini, nel corso delle quali è stato sventato un sequestro di persona con la liberazione dell'ostaggio e l'arresto di 8 sequestratori, è inoltre emerso che i presunti appartenenti al clan gestivano il traffico di cocaina, marijuana e hashish dalla Colombia e dalla Spagna grazie ad alleanze con gruppi campani e siciliani. Nel corso delle indagini i carabinieri hanno sequestrato anche un documento manoscritto di affiliazione mafiosa. 
 
 


«Tra le persone arrestate c'è anche Francesco D'Agati, un uomo di 'Cosa Nostrà. Anni fa era capo mandamento di "Villabate", alle porte di Palermo. Uno dei mandamenti al centro delle storiche indagini di Dda del capoluogo siciliano». Lo ha detto il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino, nel corso di una conferenza stampa. «Un'inchiesta durata due anni, partita con Giuseppe Pignatone, e che ha portato alla luce una famiglia mafiosa a tutto tondo, perché i componenti risiedono e operano in questo spazio criminale. Nell'esercizio di queste attività - ha spiegato Prestipino - il clan di origine catanese si è 'federatò con altri gruppi criminali, in particolare con uomini vicini ai Casalesi con cui hanno dato vita a un cartello mafioso. Nel tempo abbiamo colto, infatti, rapporti con i Fasciani di Ostia e con i gruppi napoletani dei Senese». Tra i 31 arresti di oggi, anche tre donne. Tra queste c'è anche Astrid Fragalà, ex presidente di Confcommercio di Pomezia. La donna si trova ora ai domiciliari. Per gli inquirenti avrebbe svolto un ruolo di «cerniera» tra il padre Alessandro, individuato a capo dell'organizzazione, ed «esponenti della politica e dell'econonomia» di Pomezia. Contatti, anche con alcuni consiglieri comunali che sono estranei all'indagine, «finalizzati al condizionamento dell'amministrazione comunale». A finire in manette anche altre due donne. Per gli inquirenti erano «soldati della cosca» che dovevano tessere rapporti con società e politica.

Il clan operava in particolare sul litorale romano, tra Ardea, Pomezia e Torvajanica, e oltre a gestire il traffico di droga, era diventato l'incubo di commercianti e imprenditori, costretti a subire estorsioni, minacce e attentati dinamitardi. Tutte azioni condotte con metodo mafioso, secondo l'accusa. «Qua se c'è qualcuno che comanda sono i Fragalà e basta. A Torvajanica abbiamo sempre comandato noi. La prossima volta che rientra qua, ti faccio uscire con i piedi davanti. E vai a dirlo a Sebastiano». Così il boss in una conversazione intercettata a febbraio 2016, a due persone che consideravano in pregiudicato locale, Sebastiano Giuliani, come un criminale egemone nella zona del litorale romano.

La famiglia Fragalà, colpita dall'operazione dei carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, non temeva nessuno, tanto da mettersi contro anche i proprietari di una pizzeria che stava per aprire a Torvajanica i quali, come scrive il gip nell'ordinanza, avevano legami con la 'ndrangheta e la mafia catanese. «Io ti do un consiglio e cerca di ascoltare, non aprire, è meglio per te. (…) O ci dai le chiavi oppure puoi aprire però sappi che all'indomani in poi tutto quello che ti succede siamo noialtri. Io ti sto solo dando un consiglio, poi decidi tu quello che vuoi fare. La fai a noialtri la scortesia? Ci meritiamo questo? Vuol dire che ci stai sfidando, così, frontale! Nemmeno nascosto, questa è una sfida frontale. Noialtri siamo per la pace, ma la guerra comunque non è che ci dispiace». E dalle parole si è passati ai fatti: due locali poi infatti aprirono ed entrambi hanno subito attentati incendiari.

«Da un lato infatti - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare - le singole estorsioni e l'intestazione fittizia di beni sono state consumate attraverso le modalità tipiche delle associazioni mafiose; dall'altro, i reati in tema di armi e di traffico di sostanze stupefacenti sono stati posti in essere per agevolare il clan mafioso dei Fragalà nella consapevolezza, in virtù dei rapporti pregressi, della sua esistenza anche da parte dei non appartenenti al sodalizio»

SALVINI: «GRAZIE A FORZE ORDINE CHE FANNO PULIZIA»
«Arresti e perquisizioni tra Roma e la Sicilia: così i carabinieri del Ros, coordinati dalla Dda della Capitale, hanno fatto pulizia con un duro colpo al clan mafioso Fragalà. È una notizia che fa cominciare bene la giornata». Lo dice il ministro dell'Interno Matteo Salvini ringraziando le forze di polizia e gli inquirenti. «La lotta ai criminali non si ferma mai» aggiunge.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Giugno 2019, 15:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA