Killer delle prostitute a Roma, la sorella di Giandavide De Pau: «Non potevo non denunciarlo»

La sorella di Giandavide De Pau ha raccontato le ore prima del suo arresto: è stata lei a chiamare i carabinieri dopo che lui aveva iniziato a parlare di sangue, donne uccise e prostitute

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di Niccolò Dainelli

Dopo un interrogatorio lungo 7 ore, emergono i particolari del caso sul serial killer di prostitute a Roma. Giandavide De Pau è sottoposto a fermo, accusato per triplice omicidio nei confronti di Martha Castano e delle due cittadine cinesi ancora non identificate. L'uomo, di 51 anni, con diversi precedenti ed ex autista del boss di camorra Michele Senese, era sotto l’effetto di droghe pesanti tra cui la cocaina e aveva con ogni probabilità ingerito anche psicofarmaci. E adesso arriva la testimonianza della sorella, Francesca De Pau, che ha denunciato il fratello, una volta tornato a casa.

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 «Non potevo non denunciarlo»

 

Giandavide De Pau, in cura per problemi psichiatrici, in passato era stato anche ricoverato. E dopo due notti a vagare per le strade di Roma, ha deciso di raggiungere la casa della sorella dopo una telefonata in cui l’uomo farfugliava di sangue. È stata proprio Francesca De Pau a chiamare le forze dell’ordine che erano già sulle tracce dell’uomo avendo ritrovato in via Riboty il cellulare e avendo alcune immagini delle telecamere di video sorveglianza. A Il Messaggero ha raccontato: «Parlava di sangue, di donne uccise, di prostitute, non potevo non fare nulla. Non c’era scelta, mio fratello da tempo combatte con molti problemi, la droga, disturbi della personalità e psicologici. Quando con mia madre abbiamo visto cos’era accaduto a Prati abbiamo pensato che Giandavide fosse coinvolto, non lo sentivamo da un giorno intero e mercoledì, quando gli abbiamo parlato per l’ultima volta, avevamo capito che la droga era tornata prepotente». E, proprio per questo, la donna ha deciso di chiamare i carabinieri per denunciare il fratello.  

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«Non ricordava nulla»

«Dopo la telefonata ai carabinieri e i contatti con la polizia, ho parlato con mio fratello - ha spiegato a Il Messaggero -, gli ho detto di venire a casa, che la polizia lo stava cercando perché avevano chiamato me trovando appunto il cellulare dalle due donne cinesi. Lui ha iniziato a parlare di sangue, di queste donne ma era confuso, non ricordava nulla. Poi il silenzio. Ha citofonato che saranno state le tre del mattino ed è salito: io credo che fosse drogato per lo stato in cui si trovava, non ricordava nulla, diceva di essere stato da quelle donne ma che c’era un altro uomo. Era confuso, disorientato. E aveva macchie di sangue sul giubbino. Mi sento straziata per noi è un dolore troppo forte troppo grande se davvero si dimostrasse responsabile, ma ci sono delle vittime».


Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Marzo 2023, 18:06
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