“Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la collezione Roma”: la mostra riapre il progetto per arricchire l'Archivio Fotografico del Museo di Roma

“Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la collezione Roma”: la mostra riapre il progetto per arricchire l'Archivio Fotografico del Museo di Roma

di Valeria Arnaldi

Indagare Roma da punti di vista inusitati - oltre il noto, al di là dello stereotipo - e portare avanti il progetto nato nell’ambito di “Fotografia Festival Internazionale di Roma”, che, già dal 2003, prevedeva la residenza per un fotografo di fama internazionale, chiamato proprio a raccontare l’Urbe. Sono circa 130 le fotografie di Nadav Kander, Martin Kollar, Alex Majoli, Sarah Moon - qui anche un video - e Tommaso Protti riunite nella mostra “Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la collezione Roma”, a cura di Francesco Zizola, visitabile da oggi al 16 maggio presso il Mattatoio. Non una semplice esposizione ma un progetto decisamente più ampio, che già guarda al prossimo capitolo, con nuove residenze e altri artisti.

«Quando mi è stato proposto di curare la ripresa del progetto -  spiega Francesco Zizola - ho deciso di rivolgere l’attenzione ad autori che potessero rileggere la realtà romana attraverso il mezzo fotografico travalicando i cliché, autori che mediante la fotografia superano il visibile per portare oltre la comprensione, sollecitando domande e riflessioni».

La filosofia rimane quella di mettere Roma in primo piano, dunque, mostrandola in modo alternativo. Nuovo.

«Roma in questo momento è la città che sta dedicando maggiore attenzione alla fotografia - commenta Zizola - ci sono contemporaneamente mostre come questa e di nomi come Josef Koudelka e Massimo Siragusa. Mi pare un dato decisamente importante. Quelli che si possono vedere oggi esposti al Mattatoio sono i frutti delle residenze che si sono tenute nel 2019, l’esposizione è slittata al 2021 a causa della pandemia. Tra questi, selezionerò gli scatti che poi entreranno nella Collezione Roma, ossia nell’Archivio fotografico del Museo di Roma».

Il progetto continuerà.

«La prossima edizione vedrà protagonisti quattro fotografi - annuncia Zizola - Il tedesco Alfred Seiland, che porta avanti un lavoro sull’impero romano e qui ovviamente si concentrerà su Roma. Poi ci sarà l’italiano Antonio Biasiucci. Il belga Max Pinckers porterà una differente idea della città. Ci sarà anche la fotografa Olivia Arthur. Le residenze sono già state effettuate nei mesi scorsi. Ora stiamo lavorando su quanto è stato realizzato.

I lavori saranno esposti nel 2022».

Intanto, al Mattatoio si può vedere il primo “capitolo” della ripresa del progetto, che si fa pure chiara testimonianza della sua filosofia. Tutti i fotografi hanno lavorato in residenza a Roma tranne Kollar che ha deciso di fare un viaggio a piedi da Bratislava all'Urbe, documentandolo scatto dopo scatto.

«Le residenze si sono tenute in momenti diversi - racconta Zizola - c’è anche chi è tornato più volte.  Non ci sono stati contatti tra i fotografi, ognuno ha portato avanti il suo progetto». E la sua visione.

Così Tommaso Protti - «è l’unico romano ma vive in Brasile», sottolinea il curatore - ha illustrato Roma contemporanea, con scatti dagli evidenti rimandi alla cronaca. Anche crudi. Martin Kollar ha documentato il suo viaggio a piedi, appunto, dal Danubio alla Città Eterna. Alex Majoli ha trasformato Roma in una sorta di teatro, prendendo ispirazione dal Pirandello di “Sei Personaggi in cerca di Autore”. «Majoli ha usato la tecnica fotografica per oscurare il sole - spiega Zizola - mostrando così la vita quotidiana in città ma in una differente dimensione: al buio. In questo modo, le persone sono diventate come attori teatrali. Mutare il contesto sollecita domande. Ognuno di noi si proietta nelle figure che vede».

Nadav Kander e Sarah Moon hanno lavorato, in modi diversi, entrambi sulla memoria. Kander ha voluto indagare quello che ha definito «l’organismo vivente della città di Roma», cercandone le tracce più antiche.

Sarah Moon, invece, ha vestito la sua narrazione di suggestioni poetiche, tra ricordo e inconscio, atmosfere passate ed emozione viva.

«La città non dice il suo passato, lo contiene come linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimano delle scale», scrive Italo Calvino ne “Le città invisibili”, in una citazione riportata in mostra.

E così scatto dopo scatto, nelle varie narrazioni fotografiche, Roma si anima, racconta, torna a dimenticare se stessa e poi scrive nuove pagine, in un circolo virtuoso, che dall’antichità si proietta, eternamente, al domani.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Febbraio 2021, 21:36
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