Emilio Stella: «Canto i personaggi di periferia come De André e Gaetano»

Emilio Stella: «Canto i personaggi di periferia come De André e Gaetano»

di Valentina Catini
Quando parli con Emilio Stella, cantautore romano di brani sociali e ironici, capisci subito tutta la sua passione per le storie che racconta, l’amore per la periferia, per gli “ultimi” della società, per tutto ciò che è vita vera.

Lei nei suoi brani parla spesso della “sua” Roma. Cos’ha di unico questa città?
«Sono cresciuto al mare, tra Ostia e Pomezia e quando sono venuto a Roma me ne sono innamorato. La vedo come una donna travolgente che ha lati bellissimi e altri più brutti. Io preferisco sempre focalizzarmi sul bello. Quando ad esempio, cammino per la città e mi ritrovo davanti alla “mondezza” romana, preferisco volgere lo sguardo sul fiore che è cresciuto sorprendentemente sul ciglio della strada. Si parla spesso male di Roma, di quello che non va, ma io nonostante tutto, voglio guardare ciò che di bello e travolgente ha questa città.»



Quasi tutti i suoi brani parlano della periferia e dei più deboli della società. Perché?
«Sono cresciuto nel contesto delle case popolari, quindi di riflesso quello che ho vissuto l’ho portato nelle mie canzoni, è un modo per rimanere fedele a me stesso. E poi, osservando gli “ultimi”, gli “homless” e le “gattare” nascono spunti di riflessione importanti, e questo consente di auto analizzarsi. Nel degrado trovo spesso la poesia.»

Lei è stato notato grazie ai social. Il suo singolo Capocotta non è kingston uscita nel 2014, in poche settimane ha superato le 100.000 visualizzazioni.
«I social indubbiamente aiutano, perché da un semi anonimato un’artista può farsi conoscere. Molto spesso però si da più importanza all’involucro che non al contenuto che trasmetti. In altri termini, si da più importanza a ciò che è “costruito” piuttosto che a quello che uno vuole davvero trasmettere. Bisogna farne un uso moderato.»

Quali sono i cantautori italiani che l’hanno ispirata?
«Quando ero piccolo a casa di mio nonno c’erano le cassette dei cantautori anni’ 60: Gaetano, Gaber, De Andrè, De Gregori. Questi mi hanno affascinato per i testi. Poi, con il tempo mi sono appassionato alla Musica Folk, Califano, Gabriella Ferri…mi piace farmi influenzare da questi autori e creare brani originali.»

Nel 2015 è stato selezionato tra i sessanta finalisti di Sanremo. Cosa ricorda di quell’esperienza?
«Ad essere sincero, molto stress. Sono stato a un passo dall’entrata a Sanremo Giovani, che è una di quelle vetrine importanti, un sogno che si ha sin da bambini. E oggi ha ancora il suo fascino. L’ho vissuta con molta tensione. E poi, quando vai in queste competizioni, perdi la liberà di espressione, che risulta inquinata dalle regole e dalla gara stessa.»

Un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera.
«Il mio consiglio è di non farsi influenzare dal mercato e di mantenere sempre viva la passione. Di sporcarsi, andare per la strada, cantare nei localetti. La musica è ovunque. Bisogna avere ambizione, mantenere la passione senza farsi influenzare da altri tipi di fascino. Siamo figli di una società che porta ad apparire, nutre l’ego, mentre la musica va fatta più per passione che per ego.»

Progetti Futuri?
«Sto per registrare il nuovo album insieme alla mia band. Sto scrivendo uno spettacolo teatrale di musica tutto mio, dove saranno raccolti tutti i brani dedicati alla periferia. Questa è un’idea che mi diede Simone Cristicchi e che si sta concretizzando grazie al regista Ariele Vincenti.»
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Febbraio 2020, 09:21
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