La grande crisi di cinema e teatri. Piparo: «A rischio le strutture private», Anec Lazio: «Perso 28 milioni in tre mesi»

La grande crisi di cinema e teatri. Piparo: «A rischio le strutture private», Anec Lazio: «Perso 28 milioni in tre mesi»

di Alessandra De Tommasi
ROMA – Da quasi un mese è consentito andare al cinema, eppure nel Lazio solo una decina di strutture cinematografiche (con circa 40 sale) ha riaperto, a fronte di zero teatri, con una perdita di 24 milioni di incasso e 1.150.000 spettatori in meno tra marzo e giugno, secondo UTR, l’unione di 32 teatri privati di Roma. 
Massimo Piparo, direttore artistico del Sistina, ha fondato a maggio e dirige l’ATIP (associazione teatri italiani privati) per una sinergia culturale ma, spiega, “una ripartenza, almeno per quanto mi riguarda, non può avvenire prima del 2021 perché abbiamo bisogno di due mesi dalla dichiarazione ufficiale della fine dell’emergenza. Ho fermato le macchine, siamo tutti in cassintegrazione e da due mesi rimborso i biglietti degli spettacoli saltati. Non parlo di fallimento ma di possibilità di non riaprire, una situazione ben diversa dai teatri pubblici, che operano con fondi governativi. Le arene estive? Bel gesto di stimolo, ma pagheranno lo scotto della riapertura”.

I dati del grande schermo sono altrettanto allarmanti: tra marzo e giugno, secondo l’ANEC, il Lazio ha perso 28,1 milione di euro (tra cui 17,7 in meno solo a Roma), incassando 600 mila euro (400 mila nella Capitale) e assecondando il trend catastrofico del mercato cinematografico che in Italia ha detto addio al 97,6% degli incassi. Il tracollo di un settore intero, insomma, che conta nella Regione 1750 dipendenti diretti mette a serio rischio la riapertura di moltissime sale. In tante hanno sempre fatto affidamento sulla collaborazione scolastica, attualmente impossibile. Si è innescato un circolo vizioso: le sale sono chiuse per mancanza di titoli grossi e le distribuzioni non rischiano di far uscire una pellicola con una vetrina così ristretta. L’obbligo di mascherina e distanziamento di due posti tra spettatori non migliora certo la situazione.
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LA PRESIDENTE DELL'ANEC
«Nessuna sala avrebbe dovuto riaprire il 15 giugno, per dare un segnale di crisi», parola di Piera Bernaschi, presidente ANEC Lazio (Associazione nazionale esercenti cinema). «Solo se ad agosto avremo 3-4 titoli a settimana potremmo iniziare a respirare. I film italiani sono cofinanziati dallo Stato e servirebbe un decreto che li obblighi ad arrivare in sala, invece non hanno il coraggio di uscire. Basterebbe anche una campagna promozionale con biglietto a tre euro, invece di accalcarsi in otto a Natale, per poi cannibalizzarsi a vicenda. Oggi se in una multisala del Lazio si trovano dieci persone in un giorno sembra già miracoloso. I giovani, la fascia che fa la differenza, sono attirati dai titoli americani ma i tre più grandi attesi, Onward, Tenet e Mulan, sono stati posticipati. Le regole del distanziamento in Italia sono più rigide che altrove e hanno inoculato il virus della paura verso la sala mentre si va in spiaggia e al ristorante tutti attaccati. Di questo passo, terminata la cassa integrazione, prevedo il 50% dei licenziamenti”.(A. DeT.)
Ultimo aggiornamento: Lunedì 13 Luglio 2020, 08:37
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