Camilla Marianera chiede i domiciliari: «Segreti? No, spacciavo fake news». La Procura deposita altri atti

Attesa la decisione del Riesame. Il fidanzato rinuncia all'istanza e resta in carcere

Camilla Marianera chiede i domiciliari: «Segreti? No, spacciavo fake news». La Procura deposita altri atti

di Emilio Orlando

Chiesti gli arresti domiciliari per Camilla Marianera, la praticante legale di 27 anni finita in carcere, insieme al fidanzato, perché accusata di “vendere” per 300 euro informazioni riservate (agli indagati) su indagini in corso.

TikTok limitato ai minorenni: massimo 60 minuti di utilizzo al giorno. Ecco come funzionerà il blocco

Il ricorso è stato presentato al Tribunale di Riesame


Il ricorso è stato presentato al Tribunale di Riesame. Invece gli avvocati di Jacopo De Vivo, compagno della 27enne, hanno rinunciato all’istanza. 
Il Riesame si è quindi riservato di decidere in base alla documentazione presentata dalla difesa della Marianera e la decisione potrebbe arrivare già oggi. Anche perché l pool di magistrati inquirenti della Procura della Capitale composto da Paolo Ielo, Francesco Cascini e Giulia Guccione, ha depositato altri atti, ma soprattutto intercettazioni e orari di servizio della praticante, a corredo della corposa informativa con la quale era stato chiesto al giudice per le indagini preliminari Gaspare Sturzo, il via libera all’arresto della coppia accusata di corruzione. 

 Il fidanzato rinuncia all'istanza e resta in carcere


Secondo quanto ricostruito dai detective del nucleo investigativo dei carabinieri di via In Selci, Camilla Marianera (figlia di Luciano, un personaggio legato alla criminalità romana, insieme a Jacopo De Vivo, rampollo anch’egli di un pregiudicato, legato agli ultrà della Roma di nome Giuseppe alias “Peppone” deceduto nel 2015) attraverso una talpa interna alla sala intercettazioni riusciva ad ottenere particolari riguardanti indagini di droga. 
Almeno in base alle accuse, non sarebbe stato affatto un problema per Marianera e De Vivo sapere se un numero di telefono era intercettato oppure se a bordo di un’automobile vi fosse la presenza di microspie oppure di dispositivi per il pedinamento elettronico installati dagli investigatori per captare le conversazioni di narcos del calibro dei Casamonica e di Luca Giampà, marito di Mafalda Casamonica. 


La ragazza, in carcere dalla settimana scorsa, si è difesa asserendo che le sue erano solo «millanterie» e che «spacciava» ai pregiudicati notizie false, che però si faceva pagare.

Nel frattempo, nel registro degli indagati sono stati aggiunti altri undici nominativi (tra cancellieri e addetti alle segreterie del tribunale). Due funzionari, uno della Corte d’Appello e uno della Sorveglianza sono stati trasferiti, in via precauzionale, ad altri incarichi e in uffici diversi.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Marzo 2023, 11:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA