Roma, chiude sull'Appia Antica la storica trattoria “Qui nun se more mai”. L’appello dei gestori alle istituzioni per salvare un pezzo di storia

Roma, chiude sull'Appia Antica la storica trattoria “Qui nun se more mai”. L’appello dei gestori alle istituzioni per salvare un pezzo di storia

di Sabrina Quartieri

La fiammella della brace del grande camino che da 40 anni a Roma illumina il tratto di via Appia antica sul quale affaccia la trattoria “Qui nun se more mai”, sta per spegnersi per sempre. Un epilogo triste per la “Regina” delle strade, privata di fatto di un pezzo importante della sua identità. La notizia lascia di stucco gli affezionati clienti del locale divenuto nel tempo un punto di riferimento per chi, in zona, cerca cibo di qualità e un posto capace di dare conforto quando, al calar della sera, tutto il resto lì attorno si fa buio. Ma la fine dell’attività è arrivata per i gestori di “Qui nun se more mai”, costretti a lasciare la storica osteria della tradizione romana al civico 198 di via Appia antica.

 

Un ristoro per i passanti che vanta un passato lungo quasi un secolo, fatto di una missione semplice portata avanti in modo affidabile e con dedizione dalle differenti gestioni. In principio, come stazione di posta per i carri diretti a Roma; poi, come locanda e, infine, nelle ultime quattro decadi con la famiglia Alessandrini, come trattoria specializzata nella cucina buona “come una volta”. Ma siamo al suo capitolo finale, un epilogo inesorabile che non lascia scampo, perché nonostante la volontà e i tentativi di salvare “Qui nun se more mai”, i proprietari dell’attività non sono riusciti a farsi rinnovare il contratto di locazione.

A raccontare i fatti è uno dei titolari della gestione, Erminio Alessandrini, che porta avanti il ristorante con suo fratello Erminio, suo papà Alessandro e sua mamma Alba: «Il 30 settembre dovremo andarcene, ma siamo a conoscenza di una trattativa di compravendita sul fabbricato in cui è esercitata l’attività. Speravamo che i nuovi acquirenti potessero essere interessati a farci una proposta di rinnovo del contratto. Invece niente. Né, tantomeno, da parte loro è stato manifestato interesse a stabilire un contatto di alcun tipo con noi». Chiudere significa mettere la parola fine al sostentamento di quattro nuclei familiari che partecipano alla gestione, una prospettiva difficile da sopportare per i diretti interessati che, a “Qui nun se more mai”, davanti alla brace, ai tavoli e in cucina, hanno regalato quarant’anni di sacrifici e rinunce. Il tempo stringe e per provare a cambiare il corso di questa ennesima storia di una romanità che perde pezzi autentici e di qualità, la famiglia Alessandrini lancia un appello alle Istituzioni. Per “salvare il salvabile” la premessa su cui si fa affidamento è che la cessazione dell’attività costituirebbe una perdita di patrimonio immateriale sia per l’Appia Antica che per la Città di Roma. Questa, infatti, si vedrebbe privata per l’ennesima volta della presenza di un esercizio storico.

Ma non solo: nello specifico di “Qui nun se more mai”, si punta sul fatto che il locale ha contribuito, attraverso la dedizione e la cura dei gestori nel tempo, non solo alla tutela e alla valorizzazione dell’Appia Antica, ma anche alla promozione della cultura enogastronomica romana e laziale in Italia e nel mondo. Lo ha fatto conquistando “palati” di zona fedeli alla storica locanda con la cucina genuina e della tradizione, e anche buongustai forestieri da ogni parte del globo. Sono i clienti approdati qui grazie all’alto afflusso di visitatori che si riversano da sempre sull’Appia antica e che, del locale, hanno apprezzato sia le ricette tipiche di qualità (per un’offerta mai turistica), come pure le tante foto storiche appese di volti noti ai tavoli e memorabilia della storia calcistica della SS Lazio (di cui Erminio e suo fratello Armando sono fervidi sostenitori). I gestori si appellano alla “Deliberazione n. 130 del 2005 con cui si approvano delle misure di tutela dei Negozi Storici della Città di Roma”. Spiega Erminio: «Auspichiamo che “Qui non se more mai” possa rientrare in questo regime ed essere ricollocato in un locale adatto che ne consenta la continuazione dell’attività.

In alcune aree limitrofe al ristorante sono presenti strutture inutilizzate dove potrebbe essere possibile trasferire agilmente il locale», continua il gestore, ricordando che «il Consiglio Comunale ha deliberato la tutela delle attività commerciali tradizionali e storiche svolte per più di cinquant’anni nello stesso locale».

A certificare la storicità di “Qui nun se more mai” c’è molta documentazione, che dimostra proprio come in questo locale molto prima dell’attuale gestione ci fosse già una locanda. Le prime tracce scritte della sua presenza lungo la via Appia antica risalgono al 1926. Negli anni, poi, numerose autorevoli guide, enogastronomiche e del settore viaggi che si possono trovare nella trattoria, hanno premiato la qualità e la tipicità del ristorante, il quale ha anche ottenuto vari riconoscimenti istituzionali. Tra questi è arrivato, nel 1985, l’attestato con cui l’assessore al Turismo della Regione Lazio Raniero Benedetto elogia il gestore Alessandro Alessandrini per «aver contribuito alla valorizzazione turistica della Regione Lazio». Nelle salette della trattoria non mancano poi preziosi ricordi, cimeli come foto e firme, che testimoniano il passaggio e la stima di numerose personalità italiane e internazionali tra attori, registi, intellettuali, personaggi dell’arte e dello sport. Uno su tutti, Federico Fellini. La lista è molto lunga e arriva fino ai giorni nostri.

Recentemente “Qui nun se more mai” ha ospitato la troupe e le attrici Lady Gaga e Salma Hayek impegnate nelle riprese della pellicola di produzione americana e italiana “House of Gucci”. Ancora: il ristorante è menzionato in un articolo online di National Geographic di giugno scorso dedicato al progetto attualmente in corso di rilancio del territorio del Parco Archeologico dell’Appia Antica, servizio le cui foto sono a cura di Andrea Frazzetta. Passando in rassegna i punti di riferimento lungo il percorso, l’autrice Nina Strochlic descrive “Qui Nun Se More Mai” come (tradotto dall’italiano) «un’accogliente trattoria in cima all’Appia» dove «gli avventori si rifocillano con piatti di carne alla brace». Completa la narrazione la foto di un cliente seduto ai tavoli esterni della trattoria che - si legge - «sono posti direttamente sulle pietre dell’Appia». Tra le menzioni più significative, sia per il valore culturale che a conferma della storicità dell’esercizio, c’è infine quella che compare nel celebre romanzo di Curzio Malaparte “La pelle” del 1949: “Qui nun se more mai” è citato nell’opera in concomitanza dell’entrata delle truppe americane a Roma il 4 giugno 1944.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Agosto 2022, 12:31
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