Porta Pia, quella Breccia che rese Roma Capitale d'Italia

Quella Breccia che rese Roma Capitale d'Italia

di Carlo Nordio
Il 20 settembre 1870 gli artiglieri del Regio Esercito, al comando del generale Raffaele Cadorna, aprirono a cannonate la famosa breccia di Porta Pia, entrando così, manu militari nella capitale della cristianità e dello Stato Pontificio. Il Papa Pio IX, per dimostrare la sua opposizione al sopruso, ordinò di sparare. Ci furono alcuni morti, poi il fuoco cessò. I nostri soldati avevano ricevuto l'ordine di rispettare la cinta delle mura leonine, lasciando così al Papa un residuo di sovranità. Ma il Vaticano non accettò questa indulgenza, e il Pontefice si ritirò, con la sua Curia, nei palazzi apostolici. Il potere temporale della Chiesa era finito.
 

I POSSEDIMENTI

Voltaire aveva definito questo potere come fondato sulla frode e conservato con la violenza. Non era proprio così. Quanto alla frode è vero che la Chiesa aveva sostenuto la legittimità dei suoi possedimenti sulla pretesa donazione di Costantino, tanto vituperata da Dante e poi dimostrata falsa dall'erudito Lorenzo Valla. Ma è altrettanto vero che molti territori le erano stati conferiti, in piena sovranità, da varie cessioni longobarde e carolinge. Quanto alla violenza, lo Stato pontificio non era stato né meglio né peggio delle altre nazioni. Perseguiva, come insegnava Tucidide, la politica dell'utile e della forza, e quando quest'ultima era militarmente insufficiente, si affidava alle sanzioni spirituali, che anche i re più devoti ignoravano con noncuranza spavalda. Carlo V, il bigotto imperatore spagnolo, aveva fatto saccheggiare Roma dai lanzichenecchi costringendo Clemente VII a rifugiarsi a Castel sant'Angelo. I Papi non erano da meno. Giulio II, patrono di Michelangelo, dirigeva l'assedio della Mirandola bardato come un guerriero omerico. Insomma Pio IX fece quello che avrebbe fatto qualsiasi altro politico.

Porta Pia 150 anni dopo/Roma riparta dall’orgoglio per la Breccia

L'OSSESSIONE
La conquista di Roma, e la sua proclamazione a capitale, era diventata una comprensibile ossessione dei nostri governi dopo l'Unità d'Italia, ma tutte le soluzioni offerte al Papa, compresa quella di una minuscola sovranità territoriale erano state sdegnosamente respinte. Vittorio Emanuele II, che già come re di Sardegna aveva promulgato le leggi eversive, che privavano la Chiesa di numerosi privilegi, continuò con i suoi ministri un'opera di laicizzazione: regolò il matrimonio civile e soppresse vari enti ecclesiastici incamerandone le sedi e i beni. Il Papa rispose con il Sillabo, una condanna senza appello del liberalismo sotto tutte le sue forme, e infine con la proclamazione, nel Concilio Vaticano I, della sua infallibilità. Se la guerra ideologica era ormai dichiarata, quella armata era tuttavia impedita dalla presenza a Roma di una divisione francese, che aveva strapazzato a Mentana persino il valoroso Garibaldi. Per far capire che faceva sul serio, Pio IX fece ghigliottinare qualche contestatore come Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, che avevano maldestramente organizzato un'insurrezione. La pena di morte è stata abrogata dagli statuti Vaticani solo in tempi recenti.
La protezione francese cessò quando nel 1870 Napoleone III fu sconfitto da Bismarck a Sedan, e dovette abdicare. Il nostro governo si ritenne sciolto dalla convenzione di settembre stipulata sei anni prima, che lo impegnava a non attaccare lo Stato pontifico e a garantirne l'integrità. La giustificazione formale fu l'applicazione del principio rebus sic stantibus, che legittima la modifica dell'accordo internazionale quando ne vengono meno le condizioni che lo avevano ispirato: cioè finché queste fanno comodo ai contraenti. In ogni caso il trasferimento della capitale a Roma era imposto dalla Storia e anche dalla geografia: i parlamentari meridionali avrebbe trovato assurdo doversi trasferire a Firenze piuttosto che a Napoli o a Palermo. Roma, naturalmente, era un'altra cosa.

LE MURA
Fu con queste premesse che la mattina del 20 settembre i nostri bersaglieri intimarono la resa ai difensori di Porta Pia. La Chiesa avrà anche costruito ponti, intesi come benevola accoglienza a chi ne chieda il consolatorio soccorso spirituale, ma anche solide mura. Quelle che si paravano davanti a Cadorna non erano delle più fragili, e si dovette ricorrere al cannone. Ma la resistenza, come s'è detto, fu puramente simbolica, e poco dopo l'esercito dilagò nella città eterna. Questa invasione, che indusse il Papa a una sorta di volontaria prigionia, divise i cattolici. Quelli liberali ne accettarono (e ne plaudirono) l'inevitabilità, quelli integralisti ne denunziarono la violenza sacrilega. Dal canto suo, Pio IX si rifiutò di riconoscere l'annessione a quello che chiamava Il Regno Sardo dei territori pontifici, e fulminò di scomunica i governanti che l'avevano decisa e i militari che l'avevano attuata.

IL PLEBISCITO
Oggi, nella nostra civiltà secolarizzata, ci sembra impensabile riconoscere a un'istituzione diversa dallo Stato i poteri sovrani che spettano a quest'ultimo in virtù dell'investitura popolare. E quando gli interventi del Pontefice riguardano - come spesso accade - materie temporali come l'ambiente, il fisco, l'alimentazione, lo smaltimento dei rifiuti o la contrattazione sindacale, esse sono ascoltate con interessata attenzione ancor più dagli agnostici che non dai devoti credenti, i quali si inchinano con riverenza al magistero spirituale del Vicario di Cristo ma non ne seguono le indicazioni quando configgono con la loro visione politica o i loro interessi economici. Ma nel 1870 l'autorità del Papa era molto più intensa ed estesa, e per molti cittadini il potere temporale della Chiesa coincideva con la sua stessa investitura divina, vilipesa dalla prevaricazione di uno Stato illegittimo e di un Re miscredente. Un unanime plebiscito confermò l'annessione, ma i cattolici non parteciparono alla votazione. Il loro allontanamento dalla politica sarebbe durato decenni.

I PATTI LATERANENSI
I più accorti dei nostri governanti, ispirati da un cristiano spirito conciliativo e da una prudente valutazione di opportunità, intesero gettare verso la Santa Sede quei ponti che essa aveva sdegnosamente respinto. Il principio cavouriano della Libera Chiesa in libero Stato fu consolidato da quello, altrettanto liberale, che lo Stato non è né ateo né laico, ma è incompetente in materia religiosa. Ogni forma di giurisdizionalismo, intesa come interferenza italiana nell'organizzazione ecclesiastica fu accuratamente evitata, malgrado le istanze degli anticlericali più accesi. Tuttavia neppure la Legge sulle guarentigie, che riconobbe al Papa alcune prerogative di un sovrano, e che Benedetto Croce definì un monumento di sapienza giuridica, valsero a schiodare Pio IX dal suo sdegnoso isolamento. Questa dolorosa questione romana sarebbe finita solo nel 1929, con i Patti Lateranensi firmati da Mussolini.
Ultimo aggiornamento: Domenica 13 Settembre 2020, 17:03
© RIPRODUZIONE RISERVATA