Palermo, il camionista che inneggiava all'Isis: «Mancava poco e facevo un casino in autostrada»

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Litigava con i propri genitori che non accettavano la sua scelta di radicalizzazione e li definiva "miscredenti", Giuseppe Frittitta, il giovane camionista palermitano di 24 anni, che si faceva chiamare 'Yusuf', arrestato oggi con l'accusa di terrorismo islamico. «L'estremo livello di radicalizzazione di Frittitta - dicono gli inquirenti - era altresì comprovato dal conflittuale rapporto con i propri genitori a seguito della sua conversione ed adesione ai rigidi canoni della religione salafita». La circostanza emerge chiaramente dall'intercettazione captata dagli investigatori lo scorso 24 gennaio. La vicenda era scaturita dal futuro fidanzamento con una giovane marocchina conosciuta sul web.

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'Yusuf' aveva comunicato ai genitori che, secondo le usanze della cultura islamica, non avrebbe potuto frequentare e vedere la ragazza sino al giorno della loro unione in matrimonio e, incalzato dai genitori, in tono adirato, ha difeso la cultura islamica e le sue tradizioni, aggiungendo che un giorno, «quando avrebbe avuto una figlia, la avrebbe educata secondo i rigidi dettami della religione islamica ortodossa».

La madre del ragazzo, al contrario, consigliava al figlio, che se avesse avuto una figlia, di delegare loro il compito di educarla, i quali la avrebbero cresciuta nel rispetto di sani principi. L'argomento ha poi scatenato una furiosa presa di posizione di Frittitta il quale così rispondeva ai suoi genitori: «se me la cresci... se me la cresci tu, come fate crescere le femmine vostre mi costringete ad andarmene in carcere! Mi mandate voi con le vostre mani in carcere a me…(incomprensibile)… a tagghiari a tiesta (devo tagliarle la testa)
».

Frittitta giustificava l'incomprensione dei genitori alla luce della loro natura di »miscredenti«. Infatti, in base agli insegnamenti della legge di Allah al pari di come lui è
«schiavo di Dio», allo stesso tempo i suoi i figli e la moglie dovevano essere considerati quali proprietà esclusiva del marito». A quel punto il padre ha fatto notare al figlio «quanto inaccettabile fosse l'idea di considerare i propri figli o la propria moglie oggetti di proprietà e che, se così fosse stato, anche Frittitta avrebbe dovuto considerarsi di proprietà del padre».
 

In un'altra intercettazione Giuseppe Frittitta parla con un amico marocchino, estremista islamico, anche lui finito in carcere. «Mi sono preso troppo di collera, ho sbagliato tipo due volte strada. Ho allungato 40 chilometri, in più mi sono dovuto fermare. Credimi, mancava poco e Yusuf faceva un casino in autostrada». L'intercettazione, che gli inquirenti hanno cercato di interpretare, si presta a più letture: l'uomo autotrasportatore potrebbe aver solo descritto lo stress provato in una giornata di viaggio col tir, o, ipotesi inquietante, fare riferimento all'idea di un attentato col camion, come quello già fatto dai terroristi jihadisti ad esempio a Nizza.

Giuseppe Frittitta «manifestava il proprio desiderio di unirsi ai fratelli combattenti», «dicendo che per lui questo sarebbe stato un regalo da parte di Allah, in quanto non si riconosceva nella società in cui viveva, aggiungendo che grazie a tutti coloro che combattono per lo Stato Islamico, la sua fede avrebbe subito una forte scossa».

La madre di Frittitta era molto preoccupata per il figlio convertito.
Confidandosi con un'amica al telefono, senza sapere di essere intercettata, la donna diceva: «Perché io ho mio figlio che lo devo tenere buono (ndr. calmo) perché mio figlio mi può pure scappare da casa, dove se ne va? Con chi si accompagnerebbe? Perciò io me lo deve tenere buono perché io non posso dire certe cose perché per lui è sbagliato, quando io sento dire che il signore Gesù è un profeta io mi sento lacerare il cuore». «Mah...», le dice l'amica. «Perciò io gli ho detto che di religione in questa casa non se ne deve parlare più, perché appena si parla di religione alziamo i mobili...liti…scappare da casa...». «Addirittura!». «Sono stata un mese a casa da mia suocera. Lo so io quello che ho passato!». «Non è il caso che parlate di religione». Per gli inquirenti questa conversazione «confermava inequivocabilmente il percorso di adesione all'ideologia jihadista intrapreso» da Frittitta. Una condivisione che è «andata sempre più radicalizzandosi, in primis, attraverso lo studio ed approfondimento del tema del »Martirio«, perpetrato tramite l'assidua frequentazione, di soggetti altrettanto radicalizzati, ed infine tramite lo svolgimento di un'effettiva attività di addestramento ed auto-addestramento, funzionale alla preparazione per l'agognato viaggio verso i territori dello Stato Islamico».

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Aprile 2019, 12:03
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