Mine vaganti al Manzoni, protagonista Pannofino: «Il mio ruolo lo dedico all'amico Ennio Fantastichini»

Mine vaganti al Manzoni con Pannofino: «Il mio ruolo lo dedico all'amico Ennio Fantastichini»

di Ferruccio Gattuso

 Ci sono storie che conservano un’anima a prescindere da come e dove vadano in scena. Ne è convinto Ferzan Özpetek se scommette sulla sfida di portare le sue storie dal cinema al palco. Mine vaganti è così diventato un successo teatrale. Ma per vincere la scommessa, ci vuole un cast coi fiocchi. Ecco perché al Manzoni in Mine vaganti, da oggi al 20 marzo, c’è Francesco Pannofino per raccontare la storia di una famiglia borghese di piccoli imprenditori che deve affrontare il tema dell’omosessualità, con tanto di equivoci, ironia e incomprensioni. Con lui, tra gli altri, Simona Marchini e Iaia Forte.

Dal cinema al teatro poteva essere rischioso...

«Il fattore rischio c’è sempre, ma la scommessa, osservando l’affluenza di pubblico agli spettacoli, è vinta. Özpetek, che è tipo visionario e pratico, ha saputo adattare una storia bellissima, dove si ride e si piange».

Al cinema nel suo ruolo c’era Ennio Fantastichini.

«Grande talento e amico, purtroppo non più tra noi. Uno dei motivi per cui ho accettato il ruolo è questo: dedicargli tutto me stesso. Il personaggio di Vincenzo, pater familias dei Cantone, titolari di un pastificio, è di quelli che gratificano come attore: è un uomo ottuso, prigioniero dei propri pregiudizi, cui basterebbe un piccolo scatto mentale per accettare un figlio gay».

George Clooney e Denzel Washington: la sua non è una voce qualunque: ha tenuto conto dell’effetto “cinematografico” che può avere dal vivo?

«Più che altro a vedermi penseranno a Renato Ferretti, il regista della serie Boris. Ecco, quello è il ruolo della mia vita (La quarta serie in primavera su Disney+, ndr)».

Lei e Luca Ward siete gli eterni duellanti del doppiaggio: chi vince?

«La verità è che sorridiamo di questa cosa, siamo amici».

Quando si rese conto di avere un’arma nella voce?

«A quindici anni. Gli amici mi dicevano che avrei dovuto sfruttarla. Ho cominciato dal basso, portavo a casa la pagnotta, senza santi in Paradiso».

Ligure di Imperia, romano d’adozione e laziale: che rapporto ha con Milano?

«Non ci ho mai abitato, ma l’ho sempre trovata bella da girare e accogliente. Certo da Roma non mi muovo: sono arrivato dalla Liguria a 14 anni. Mi ritrovai ad aiutare un amico vendendo bibite allo stadio. E poi ci fu lo scudetto della Lazio del 1974…».


Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Marzo 2022, 07:49