Stupro a Milano, algerino condannato quasi 15 anni dopo: incastrato dal Dna

Stupro a Milano, algerino condannato quasi 15 anni dopo: incastrato dal Dna

Un algerino di 49 anni, residente a Milano, è stato condannato per stupro per un fatto risalente a quasi 15 anni fa. Un vero e proprio 'cold case', riaperto solo poco tempo fa e conclusosi con un test del Dna che ha incastrato l'autore della violenza. L'uomo, che era stato arrestato nel gennaio scorso, è stato condannato a 13 anni e quattro mesi.

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La sentenza è giunta al termine del processo abbreviato ed è stata decisa dal gup di Milano, Sara Cipolla. Decisiva la riapertura delle indagini coordinate dall'aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo. L'uomo era accusato di aver rapinato e stuprato una donna nell'agosto 2006 ed era stato riconosciuto dalla sua vittima a quasi 15 anni di distanza dalla violenza subita.

Il pm aveva chiesto 15 anni e 4 mesi, ma è arrivata comunque una condanna ad una pena alta, considerando anche lo 'sconto' di un terzo del rito abbreviato. Il difensore dell'uomo, Rosemary Patrizi Dos Anjos, aveva chiesto l'assoluzione del suo assistito.

A febbraio il Tribunale del Riesame aveva rigettato l'istanza della difesa di revoca della misura cautelare in carcere emessa dal gip di Milano Tommaso Perna nei confronti dell'algerino, che durante l'interrogatorio di garanzia aveva respinto le accuse.

Le indagini inizialmente vennero archiviate, ma la svolta sul 'cold case' è arrivata dopo che, il 30 novembre scorso, è stata accertata la corrispondenza del profilo genetico trovato su alcuni mozziconi di sigaretta repertati all'epoca della violenza e il tampone salivare eseguito all'indagato quando, nel 2017, era a San Vittore a causa di altri reati. Erano le 6 del mattino del 20 agosto del 2006 (la prescrizione per la violenza dovrebbe scattare dopo 20 anni dai fatti), quando la donna si presentò alla clinica Mangiagalli sotto choc, raccontando di essere stata aggredita da uno sconosciuto mentre a piedi andava alla fermata dell'autobus per recarsi al lavoro.

L'uomo si sarebbe avvicinato con la scusa di chiederle l'ora e, dopo averla bloccata, l'avrebbe trascinata in un'area dismessa, in zona viale Umbria, per violentarla, dietro la minaccia di colpirla con una grossa pietra. Prima di allontanarsi le aveva anche rubato la catenina d'oro, 20 euro e il cellulare. Oggi la condanna e le motivazioni del verdetto saranno depositate tra 90 giorni.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 1 Luglio 2021, 19:30
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