Truffare l’Inps, anzi, «quei c...oni dell’Inps» - come scrivevano sulle chat intercettate dalle Fiamme gialle - era «una sorta di vero e proprio progetto di vita». Parole del gip Teresa De Pascale nell’ordinanza eseguita ieri che ha portato cinque romeni in carcere e una sesta persona - una donna italiana, ex dipendente di un centro di assistenza fiscale - ai domiciliari. Sono i componenti della banda sfuggiti alla prima tranche di arresti - lo scorso novembre - per una raggiro monstre sul reddito di cittadinanza.
Dopo che 16 persone erano finite in manette, hanno tentato nuovi canali per proseguire una truffa che ha già causato all’erario una danno da 21,5 milioni di euro. I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere, truffa aggravata ed estorsione. L’inchiesta del pm Paolo Storari aveva fatto scoprire la cifra incredibile di diecimila domande di reddito di cittadinanza sprovviste dei requisiti previsti dalla legge. Tutte fatte da cittadini romeni “fantasma”, che grazie ai documenti procacciati dalla banda anche grazie a complici a Bucarest risultavano sul territorio italiano da più di 10 anni e riuscivano ad accedere al reddito di cittadinanza. I documenti venivano consegnati «a malloppi», scrive il gip, ai titolari e dipendenti di Caf e patronati compiacenti, che predisponevano e compilavano la falsa documentazione di supporto alla domanda (Dsu e codice fiscale). I cinque romeni arrestati ieri mattina, uno dei quali soprannominato “Benone”, sono ritenuti «procacciatori di identità di concittadini romeni».
Il sistema, apparentemente semplice, denota una grande conoscenza «dei cavilli procedurali relativi alla fase istruttoria delle domande per l’ottenimento del reddito di cittadinanza» e si avvaleva della complicità di alcuni patronati e Caf-Centri di assistenza fiscali: impiegati in alcuni casi consapevoli della truffa ma che chiudevano un occhio di fronte a quei “malloppi” di domande (l’Inps riconosce 10 euro di compenso per ogni pratica), in altri oggetto di estorsione se non stavano al gioco. La truffa è stata scoperta incrociando i contenuti dei profili social degli arrestati con i dati contenuti nei pc e nei cellulari sequestrati a novembre. In alcuni casi gli indagati avevano postato sui social come TikTok alcuni video nei quali si riprendevano mentre contavano mazzette di euro e sventolavano banconote sparse sul letto di casa.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Marzo 2022, 08:50
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