Lo sguardo attento, un po’ spaventato, o forse confuso. Il completo pantalone, gessato, la camicetta bianca, il capello ordinato, la mascherina sul volto. Così Alessia Pifferi ieri si è presentata in Tribunale accolta da una marea di cronisti. È la prima volta dalla morte della figlia Diana, deceduta a 18 mesi dopo essere stata da lei abbandonata da sola in casa per quasi sei giorni. Pifferi è a San Vittore dal 21 luglio con l’accusa di omicidio aggravato. Su richiesta dei suoi legali, Solange Marchignoli e Luca D’Auria, la donna ieri ha partecipato all’udienza fissata dal gip Fabrizio Filice per conferire l’incarico ai periti per gli accertamenti, con la formula dell’incidente probatorio, sul biberon, una bottiglietta d’acqua e una boccetta di “En” trovati in casa vicino al corpicino della bimba. «Ha momenti di sconforto: quando legge le notizie dai giornali e trova qualche parola chiave che la mette in difficoltà scoppia in lacrime. Il modo in cui parla non è di una mamma che ha perso l’interesse. Chiede di Diana e parla di lei come un dono di Dio», ha spiegato il legale D’Auria. «L’unica cosa di cui si rende conto è che non l’abbraccerà mai più».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 29 Settembre 2022, 06:40
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