Giacomo Poretti si racconta: «La mia "prima vita" da infermiere mi ha insegnato l'empatia»

Giacomo Poretti si racconta: «La mia "prima vita" da infermiere mi ha insegnato l'empatia»

di Ferruccio Gattuso

«Undici anni in corsia, dal 1975 al 1985. Un pezzo di vita in ospedale a Legnano». Vita che meritava di essere raccontata. Ma non in prima persona. «Se avessi scritto un’autobiografia, la storia sarebbe stata diversa», dice Giacomo Poretti, uno che grazie al suo talento di comico si è meritato la celebrità a prescindere dal cognome.

Giacomo è Giacomo, punto. Come Aldo e Giovanni, gli «altri due». Domani al Teatro Oscar, Giacomo presenta il suo romanzo Turno di notte (Mondadori): con lui la moderatrice Daniela Mattalia, Daniele Coen (medico) e suor Loredana Corazza. Perché un’autobiografia sarebbe stata diversa? «Perché in questo romanzo si ride e sorride, mentre quando io facevo l’infermiere l’ultima cosa cui pensavo era far ridere i pazienti. E sa perché? Perché per loro la voglia di ridere non è tanta, cercano serenità. Serve più il silenzio delle gag». Tanti anni in ospedale: era quello cui aspirava? «Ci sono entrato per caso. Ho cominciato come uomo delle pulizie, poi ho fatto l’esame, sono diventato infermiere, infine caposala. Giorno dopo giorno, mi sono appassionato».

La vita, si dice, è quello che ti succede quando sei impegnato a fare altro. «Io volevo fare teatro, ma da quell’esperienza ho imparato tantissimo. Negli ultimi due anni da infermiere, ho iniziato a fare scuola serale di recitazione. Mi sono licenziato nel 1985, nei ‘90 ho incontrato Aldo e Giovanni».

Cosa racconta il romanzo? «Il protagonista è Sandrino detto Saetta, infermiere scattante: attraverso di lui, marinaio solitario che regge la barca dell’ospedale di notte, si possono seguire tante altre storie tipiche di quel mondo».

Nel Giacomo di oggi c’è ancora un po’ di quell’infermiere? «Quel lavoro, il contatto con tanta gente in difficoltà, ha sviluppato la mia sensibilità. Gli ospiti presenti al Teatro Oscar, un medico e una suora salesiana, potranno confermare che ne esci cambiato». Il Teatro Oscar, che guida con Luca Doninelli, è ripartito: è ottimista? «Lo sono per natura. Abbiamo rilevato il teatro poco prima della pandemia, da veri sfigati. Siamo partiti bene, ora: mi sembra che la gente abbia voglia di tornare a teatro, di uscire». Questa intervista uscirà la mattina dopo il derby Milan-Inter… «Ecco, nessun commento, solo forza Inter. A prescindere». Ma lei è un “sansirista” o confida nello stadio nuovo che ha avuto il via libera dal Comune? «Il cuore mi dice San Siro, ma uno stadio nuovo serve. Una nuova struttura non è solo un capriccio». Il Trio festeggia i 30 anni di carriera. A quando il ritorno di Aldo Giovanni e Giacomo? «Poco prima di Natale ci vediamo tra quattro mura per studiare il prossimo film».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Novembre 2021, 08:13
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