Spaccio dalla Spagna all'Italia. I nuovi narcos avvertono: «A Milano la cocaina è inflazionata, ce n'è troppa. Meglio l'erba»

Spaccio dalla Spagna all'Italia. I nuovi narcos avvertono: «A Milano la cocaina è inflazionata, ce n'è troppa. Meglio l'erba»

di Greta Posca

«A Milano anche se hai la “bianca”, ce l’hanno tutti. Non si vende... Perché ce l’hanno gli altri (...) I soldi si fanno ma Milano è piena di roba». La legge di domanda e offerta, insomma. È quanto spiegava uno spacciatore a bordo di un’auto in Spagna, intercettato mentre spiegava a un “collega” la piazza milanese. Ma ieri lui e altre 16 persone (8 arresti e 9 con obbligo di firma) tra italiani e albanesi, che operavano fra Abbiategrasso e Rozzano, sono indagati nell’ambito della maxi operazione antidroga “Royale” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, con la Finanza e i vigili. L’accusa è spaccio di sei tonnellate di cannabis (ma anche traffico di armi) per un giro di affari di oltre 20 milioni di euro. Sono stati smantellati tre gruppi. Il primo, composto da italiani e albanesi, spacciava tra Baggio e Abbiategrasso, Assago e Rozzano. Il secondo gruppo, tutti albanesi, si concentrava sul procacciare nuovi clienti nei locali esclusivi della movida milanese, «mediante l’offerta sul mercato non solo di cocaina ma anche di altri stupefacenti difficilmente reperibili, come marijuana del tipo amnesia ed hashish del tipo kritical». La terza cellula, anch’essa tutta di albanesi, spacciava cocaina tra Italia, Albania e Germania e riciclava il denaro attraverso una barberia di Rozzano. Dall’indagine, coordinata dai pm Grazia Colacicco, Silvia Bonardi e dall’aggiunto Alessandra Dolci, tra l’altro, è emersa appunto una «operazione di ristrutturazione del business dello spaccio della cocaina da parte del gruppo, dovuta alla poca remuneratività della piazza di Milano», dove i prezzi di vendita «risultavano diminuiti a causa di un eccesso di offerta». L’ordinanza è stata firmata dal gip Raffaella Mascarino. La marijuana veniva coltivata in una collina in Spagna, grazie anche a un «esperto agronomo», e ciò permetteva di abbattere «i costi di produzione». Poi arrivava a Rozzano, nascosta tra gli orti. I gruppi avevano anche a disposizione armi e cellulari «criptati» con specifici software. Non solo. Si allunga anche l’ombra lunga della ndrangheta, visto che un arrestato nel 2019 era già finito in cella per legami con una cosca di Rosarmo.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Marzo 2021, 09:13