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Minacce sui social, aperta un'inchiesta. Silvia in procura: «Sono serena»
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di Giammarco Oberto
A spulciare la rete, il post del leghista Morelli che lunedì ha scatenato la bagarre in Consiglio comunale è roba da educande. Perché c’è quello del consigliere leghista di Asolo, nel Trevigiano, tal Nico Basso, “venetista” capogruppo della lista civica Verso il futuro: una foto di Silvia con la scritta «impiccatela». E c’è il post di Vittorio Sgarbi: Silvia «va arrestata per concorso esterno in associazione terroristica». Ovunque sui social dilagano insulti e messaggi pesanti e offensivi, una campagna d’odio nei confronti di Silvia Romano, “rea” di aver abbracciato l’Islam «mentre noi paghiamo il riscatto». Una ferocia tale per cui ieri è stato cancellato il profilo Facebook della ragazza rimasta per 18 mesi nelle mani dei sequestratori somali. Un fiume di fango che ha indotto la procura ad aprire un’inchiesta per minacce aggravate.
Ieri pomeriggio Aisha - il nome che Silvia ha scelto dopo la conversione - è stata sentita assieme alla mamma, Francesca Fumagalli, dal responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dai carabinieri del Ros che indagano per minacce aggravate. Stretta in una coloratissima tunica islamica, mascherina sul volto, al magistrato ha detto di sentirsi «serena nonostante le minacce». Proprio per il clima che si è creato, la palazzina di via Casoretto dove vive è presidiata notte e giorno dalle forze dell’ordine. Ancora ieri sono arrivati mazzi di fiori da amici e conoscenti. Qualcuno si fermava a leggere i cartelli e i messaggi appesi al portone dell’abitazione, qualcuno si è fatto il selfie, altri suonavano il clacson: «Vai Silvia!». Ma c’erano anche quelli che sputavano veleno, passando vicino al capannello di giornalisti: «È una traditrice, è pure tornata a casa con addosso quell’abito islamico».
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