Milano, tornano le sedie della rabbia: protesta di ristoratori e partite Iva. Paolo Polli in sciopero della fame: «Siamo allo stremo»

Tornano le sedie della rabbia: protesta di ristoratori e partite Iva. Paolo Polli in sciopero della fame: «Siamo allo stremo»

di Simona Romanò
Ancora un flash mob di ristoratori e partite Iva all'Arco della Pace.
La rabbia «per la mancanza della cassaintegrazione e per l'incertezza del futuro» non si raffredda nonostante la pioggia battente e la temperatura freddina di ieri. Che però ha ridimensionato la protesta: ma con la riapertura dei confini regionali sono arrivati a Milano anche liberi professionisti da altre zone del nord Italia. In tutto erano un centinaio nel tardo pomeriggio. «Senza aiuti noi moriamo», «Facciamo un atto d'amore: sciopero fiscale», «No tasse 2020», «Noi non siamo limoni da spremere»: sono alcuni dei cartelli che mostrano i manifestanti. Da un mese le sedie vuote sparse all'Arco della Pace sono il simbolo della crisi da Covid, delle difficoltà della ripartenza e della protesta, che è iniziata lo scorso 6 maggio, quando, per la legge che allora vietava assembramenti, i primi titolari dei locali scesi in piazza sono stati multati con una sanzione di 400 euro.
Portavoce del malcontento è Paolo Polli, proprietario di cinque locali, tra pizzerie e birrerie artigianali. Da quattro settimane l'imprenditore sta facendo lo sciopero della fame: mangia spremuti e frappè e beve acqua; dorme sotto il monumento della movida milanese in una tenda canadese che, tra l'altro, gli è stata rubata da alcuni giorni. A casa va solo per lavarsi la mattina. «Molti dei nostri colleghi che hanno riaperto con entusiasmo spiega - sono disperati perché con gli incassi al 20 per cento non riescono a pagare le spese fisse». Assicura che proseguirà ad oltranza, «finché la categoria non otterrà aiuti concreti dallo stato». «Perché siamo allo stremo», aggiunge «tantissimi locali chiudono, oppure vendono a stranieri sciacalli. Basta, #iononpago». Le richieste fatte al governo sono «i sei punti per non fallire», dicono i manifestanti. E sono: «non pagare la tassa del suolo pubblico fino al 2020, basta tari per il 2020 e accise sulle bollette; cassaintegrazione in deroga all'80 per cento delle stipendio; e fondo perduto per aiutare a pagare gli affitti per i mesi di lockdown».
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Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Giugno 2020, 08:45
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