Milano, Carlo Cecchi "santo bevitore" al teatro Parenti: «Senza palcoscenico non riesco a stare»

Milano, Carlo Cecchi "santo bevitore" al Teatro Parenti: «Senza palcoscenico non riesco a stare»

di Ferruccio Gattuso

Un testo importante, un adattamento altrettanto importante e un rapporto di amicizia e consonanza artistica solido come pochi: sono molti gli elementi che portano Carlo Cecchi, veterano del palcoscenico, al Teatro Franco Parenti per La Leggenda del Santo bevitore, in cartellone da domani. «Per me, quasi sempre, Milano significa questo teatro, e se devo scegliere una regia penso a Shammah», spiega con la sua solita asciuttezza il grande attore fiorentino, che in nella sua carriera teatrale può contare un manipolo di registi, tra cui Eduardo e, una tantum, Mario Martone (ne Edipo Re). «Il cinema? Quello è diverso. A parte le cose che ci tenevo davvero a fare, come Martin Eden di Pietro Marcello, tante sono le cose fatte per soldi. Li reinvestivo nel teatro». Appunto, il teatro: al Parenti grande è l’attesa per il ritorno in scena dell’adattamento del capolavoro di Joseph Roth che, nel debutto originale del 2006, vedeva Piero Mazzarella nel ruolo del clochard Andreas Kartak, che si vede offrire da uno sconosciuto una considerevole somma in franchi, da restituire prima o poi alla chiesa di Santa Maria di Batignoles. Ruolo di grande intensità e fisicità che, oggi, recupera inedita vita nell’interpretazione di Carlo Cecchi: «L’allestimento di questo testo affascinante – spiega l’attore, che in scena sarà con Roberta Rovelli e Giovanni Lucini – mi chiede di vestire un ruolo tra il narratore, cioè l’autore Roth, e il barbone della storia, un passaggio dalla terza alla prima persona che è, per me, una nuova esperienza tecnica». Il gioco tra personalità sta tutto nella forza autobiografica di questo racconto perché la storia dice che Roth finì di scrivere La leggenda del Santo Bevitore pochi mesi prima di morire e, conclude Andrée Ruth Shammah, «nella figura del barbone Andreas, Roth riversa il suo rapporto con l’alcol e quello con il cattolicesimo al quale, lui perfetto narratore dell’ebraismo esule, si era infine convertito». Un ruolo forte, capace di convincere Cecchi: «La verità è che io vado in scena perché non ne posso fare a meno, qualcosa o qualcuno mi ci spinge. Ma di mio ne farei volentieri a meno».


Ultimo aggiornamento: Domenica 19 Marzo 2023, 01:21