«Viviamo in un mondo di offesi perenni, dove fare comicità libera è sempre più difficile. Le categorie si mobilitano, i singoli individui ti distruggono via social, dietro i nickname. Un giorno decidono che la parola “termosifone” non la puoi usare perché è offensiva e niente, guai se la dici». Paolo Ruffini è un fiume in piena, e non si pensi che queste parole non abbiano a che fare con Up & Down, lo spettacolo che il comico livornese porta in scena in data unica oggi al Teatro Manzoni. «Fare satira contro il potente di turno era più facile, c’era un nome come bersaglio. Ora il Potente è la gente comune, arrabbiata nera, con sé stessa e con gli altri. E i media, la tv, si adeguano per non perdere pubblico. Volando più alto di noi comici, aggiungo: se Bertolucci, Pasolini o Fellini avessero avuto i social tra le palle, non esisterebbero Ultimo tango a Parigi o 8 e mezzo. Non c’è più il filtro dato dalla cultura e dalla critica, la gente ha la ghigliottina in mano».
La formula dello show è semplice ed efficace: Ruffini cerca di fare un one man show ma un gruppo di “guastatori” disabili con la sindrome di Down – gli attori della livornese Compagnia Mayor Von Frinzius – lo boicottano.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Aprile 2022, 13:17
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