Giorgio ha 45 anni e quattro figli. Faceva il barista ma a marzo l’esercizio commerciale ha chiuso. Oggi è costretto a fare la fila davanti alla sede di Pane Quotidiano di viale Toscana. Aspetta che gli donino frutta, verdura, scatolette. «Mi ritrovo a dover andare avanti con una cassa integrazione che però, avendo 4 bambini, non mi è sufficiente». Giorgio è solo uno dei volti nuovi che affolla lo stretto marciapiede di viale Toscana 28 dove, oltre ai tradizionali ospiti della solidarietà (anziani con la pensione minima, stranieri, single), la pandemia ha messo in coda anche tanti nuovi bisognosi. «Quello che ricevo qui non mi basta, ma almeno è un aiuto per mezzogiorno, per mettere in piedi un piatto di pasta. Per la sera poi mi inventerò qualcosa. Il periodo è questo, bisogna andare avanti così». Insieme a lui tanti, di ogni età, sesso e provenienza, carrellini della spesa in mano, che si alternano a passeggini, bambini, adolescenti, adulti, anziani. Un micromondo di chi troppo spesso viene dimenticato. Ma non dai volontari di Pane Quotidiano: ogni giorno, nei due centri milanesi vengono distribuiti tra i 3.000 e i 3.500 pasti, senza chiedere il nome a chi si presenta. «È Il nostro motto» ci spiega Luigi Rossi, vicepresidente dell’associazione nata nel 1898 a Milano (due sedi, una in viale Toscana, l’altra in viale Monza 335): apolitica, apartitica, senza scopo di lucro.
Pane Quotidiano non si fermò nemmeno con le due guerre mondiali, ma ha dovuto arrendersi due volte al Covid: a marzo, per il primo lockdown, e nelle scorse settimane, per un membro dello staff positivo al tampone.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 25 Novembre 2020, 10:48
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