Milano, ucciso di botte a due anni. Il papà condannato all'ergastolo, per la prima volta riconosciuto il reato di tortura

Milano, ucciso di botte a due anni. Il papà condannato all'ergastolo, per la prima volta riconosciuto il reato di tortura

di Greta Posca

 Non solo. Torture. Non solo. Due anni e mezzo di vita, un calvario. Il piccolo ha chiuso per sempre gli occhi il 22 maggio 2019. Le lacrime non bastano a lavare il dolore e lo sgomento. Ieri suo padre, Alija Hrusic, 26 anni, è stato condannato all’ergastolo e a 9 mesi di isolamento diurno per la morte del figlioletto, spirato dopo una notte di botte e sevizie nella casa di via Ricciarelli. La prima Corte d’Assise, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha accolto la richiesta della pm Giovanna Cavalleri, titolare dell’indagine. I giudici hanno riconosciuto, oltre ai maltrattamenti e all’omicidio volontario, anche il reato di tortura, primo caso in cui è stato contestato in Italia in ambito domestico. La Corte, che ha assolto l’imputato dai maltrattamenti alle altre due figliolette, ha anche stabilito risarcimenti per circa 300 mila euro, tra cui la madre del bambino, parte civile, in aula e assistita dall’avvocato Patrizia Nicolò. L’imputato è rimasto impassibile durante la lettura del dispositivo. Il suo difensore, l’avvocato Giuseppe De Lalla, ha annunciato ricorso in appello. «Francamente non mi aspettavo la condanna per la tortura - ha detto il legale - né l’ergastolo.

Speravo in una condanna a 30 anni». E anche: «Rimane in ogni caso un’orrenda tragedia, vorrei precisare che la vita di questo bambino è stata una via crucis fino alla fine». Il delitto è avvenuto nell’appartamento popolare in cui viveva la famiglia in zona San Siro. Stando all’indagine della Squadra mobile, a provocare la morte del piccolo, dopo che per tutta la notte e per i due giorni precedenti aveva subito le violenze del padre, tra cui bruciature di sigaretta e ustioni con una fiamma viva sui piedini, furono alcuni colpi sulla fronte. Nella sua requisitoria, la pm Cavalleri, ha detto che la lesione alla testa del bambino, che ne ha causato la morte, «è stata inferta dal padre come ultimo atto di una notte di sevizie» e l’imputato «non poteva non sapere che quell’azione lo avrebbe ucciso». E aveva concluso che «le condotte nei confronti del piccolo» sono state «caratterizzate da gratuita crudeltà».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 26 Maggio 2021, 08:38
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