Roberto Carlo Rossi, presidente Ordine dei medici di Milano: «Duecento pazienti al giorno e la burocrazia, siamo al collasso»

Roberto Carlo Rossi, presidente Ordine dei medici di Milano: «Duecento pazienti al giorno e la burocrazia, siamo al collasso»

di Simona Romanò

 «La pressione per noi medici di famiglia è quasi insostenibile: riceviamo circa 200 chiamate al giorno, fra malati Covid da curare a casa e “quarantenati” da tenere sotto osservazione per timore che sopraggiungono i sintomi; oltre ai mutuati che giustamente ci chiedono un consiglio su come affrontare le problematiche legate al virus». Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, ha invocato la Zona rossa in città prima che il governo la confermasse venerdì scorso, «perché era l’unica strada percorribile».

Dottore, che cosa teme?

«Noi dottori di base stiamo facendo uno sforzo incredibile per curare i malati Covid non gravi a domicilio: se cadiamo noi e salta la medicina generale non ci sarà più un filtro e gli ospedali, presi d’assalto, andranno davvero al collasso».

Com’è la situazione dalla vostra prospettiva?

«Grave. Siamo in prima linea a visitare i pazienti e rispondere alle loro telefonate. Il nostro telefono non smette di squillare da mattina a sera: con oltre 200 chiamate al giorno di casi Covid, la burocrazia da seguire e tutte le altre patologie che non sono andate in vacanza per noi è dura. Così dura che se i malati dovessero aumentare rischiamo di non farcela più».

Qual è il vostro contributo?

«Lavoriamo anche 14 ore al giorno, perché siamo il primo punto di riferimento per tutti i nostri mutuati. Ci stiamo mettendo anima e corpo per dare il nostro aiuto, ma la situazione, in città, è peggio che nella prima ondata di marzo, quando Milano è stata abbastanza risparmiata dalla pandemia: ora dobbiamo frenare i contagi rispettando le restrizioni del nuovo decreto».

Come state vicino ai mutuati?

«Ogni giorno monitoriamo i malati Covid per una sorveglianza attiva: constatiamo la situazione ed eventuali peggioramenti per non lasciare nessuno da solo.

E via via seguiamo l’evolvere della malattia, sempre con il fiato sospeso, temendo che qualche nostro paziente si possa aggravare e a quel punto deve rivolgersi agli ospedali. Ogni giornata affrontiamo una duplice battaglia, che è estenuante anche a livello umano».

Perché duplice battaglia?

«Quella della cura dei malati innanzitutto e quella legata all’iter burocratico, spesso macchinoso: dalla segnalazione dei nuovi positivi alla prenotazione dei tamponi, alle rassicurazioni di chi non è stato ancora contattato dall’Ats e attende l’esito. Non riesco a nascondere la grande preoccupazione di questi giorni».

Qual è la speranza?

«La speranza è di vedere i primi effetti, seppur timidi, delle nuove restrizioni. Che però non si riscontreranno subito, ma fra qualche settimana se i cittadini saranno molto attenti: adesso, con il tracciamento dei contatti andato in tilt, l’unico obiettivo è di provare a contenere la diffusione del virus».


Ultimo aggiornamento: Martedì 10 Novembre 2020, 09:10
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