Ieri il ministro Enzo Moavero Milanesi ha annunciato il rientro della straniera portata con l’inganno all’estero, e ha aggiunto che «il positivo esito che ha posto fine a una grave violazione dei diritti fondamentali della giovane donna è stato reso possibile a seguito dall’efficace azione della nostra ambasciata a Islamabad in stretto raccordo con la Farnesina». Partiamo dall’inizio, dal momento in cui Menoona ha inviato la sua richiesta d’aiuto al’istituto tecnico brianzolo che aveva frequentato: «Vi prego, aiutatemi, il mio futuro è in Italia, mi hanno preso tutti i documenti e mi hanno lasciata qui, mio padre mi ha impedito di terminare la quarta superiore, so che una delle professoresse chiedeva che fine avessi fatto, poi mi hanno portata via».
La ragazza, che ha vissuto molti anni in Italia, ha spiegato che il suo incubo è iniziato nel 2015, quando il padre padrone le ha vietato di andare a scuola per concludere gli studi.
L’ha prima chiusa in casa, poi l’ha portata in Pakistan con la scusa di una vacanza e una volta arrivata lì le è stato preso il permesso di soggiorno italiano (che aveva appena rinnovato), il passaporto e il codice fiscale. I genitori sono tornati in Italia, lei è rimasta lì perché non accettava di sposare l’uomo che le era stato assegnato. «I miei genitori non vogliono che stia con il mio ragazzo, la cultura nel nostro Paese non permette alle giovani di scegliere con chi stare, non vogliono che studi» aveva spiegato la 23enne. Appena ricevuta l’email, la scuola l’ha girata ai carabinieri che attraverso la prefettura di Monza hanno avvertito l’Interpol. Ieri la buona notizia che segna la fine dell’esilio di Menoona e l’inizio, forse, di una nuova vita da donna libera.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 21 Settembre 2018, 06:00
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