Milano, viaggio nella fiera dei ricettatori dove le bici rubate tornano sul mercato

Viaggio nella fiera dei ricettatori, dove le bici rubate tornano sul mercato

di Salvatore Garzillo
«Oggi si ruba, domani si paga!». Varcata la soglia di ghiaia e polvere del mercato di piazzale Cuoco lo slogan urlato da una rom del vicino campo di via Bonfadini accoglie i visitatori. Ripete la frase sorridendo, la sua bancarella è un lenzuolo a fantasia su cui ha sistemato, in ordine sparso: una bambola senza l’occhio destro, una scatola piena di vecchi cellulari, decine di scarpe, due trapani, orologi, braccialetti, una balestra che sembra antica, una statuina in legno di papa Wojtyla e tre bici per bambini.

Sono in molti a chiederle il prezzo delle due ruote, in pochi minuti due sono già state vendute per 20 e 30 euro. Accanto a lei c’è un ragazzo nordafricano che sembra gestisca una ciclofficina. Parla italiano, ha perfino i guanti. «Vuoi questa? Hai scelto bene. Questa costa 650 euro, te la vendo a 250», e indica una bici Triban in perfetto stato. Ne ha almeno 10, tra queste c’è una Ultra 900 che Decathlon vende a 900 euro, una Coppi SPK 01 che troverete in rete a 400 euro, una Canellini da 274 euro su listino e una Ferraris a scatto fisso da 600 euro. Qui costano un terzo, se siete bravi a trattare anche un quarto. Lo provochiamo: «Hai un certificato di garanzia? Devo regalarla». La sua espressione non ammette repliche ma pur di piazzare la bici evita di dirci che siamo degli imbecilli. «Sono tutte usate, me le ha date un amico che ha chiuso il negozio. Si è dimenticato di darmi le garanzie. Se la prendi ti regalo due caschi».

Nel 2017 a Milano sono state rubate 18mila bici, 50 al giorno. Un numero imprecisato è passato proprio per il mercato delle pulci di piazza Cuoco, aperto solo la domenica mattina. È una grande area adiacente alla piazza divisa in due da un corridoio di accesso presidiato dalla polizia locale: a sinistra c’è la zona “ordinata”, con piccoli gazebo, oggetti vintage e una parvenza di legalità; a destra c’è la zona del “caos”, dove i venditori sono africani e rom e la legalità è solo una parola con l’accento. Tra tonnellate di prodotti rubati (di ogni tipo) ci sono centinaia di bici cariche delle maledizioni dei proprietari rimasti a piedi. I venditori si concentrano per lo più nel corridoio, a una trentina di metri dai vigili, i ladri e i ricettatori passano accanto tranquillamente.

Passando tra le bancarelle buttiamo lì che il Comune sta per istituire un registro online per le bici, per dissuadere i ladri.
La reazione dei venditori: giù risate. Da entrambi i lati dell’ingresso ci sono ragazzi nordafricani appoggiati alle bici che vendono, c’è anche qualche italiano. La più economica costa 150 euro, ce ne sono un paio a scatto fisso da quasi mille euro. Le vende un ragazzo gambiano di 20 anni che dal livello della lingua sembra appena arrivato in Italia. L’unica frase che ha imparato bene è: «Per te 200 euro. Le bici sono mie, non le voglio più». Certo, come no. 

Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Ottobre 2018, 09:16
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