È il pittore dello smarrimento metropolitano, della “città che sale” ma con la cupezza della fatica operaia. È il pittore del regime fascista con la monumentalità delle grandi opere. È Mario Sironi (Sassari 1885-Milano 1961), pittore sintetico e grandioso, come recita il sottotitolo della retrospettiva allestita al Museo del 900, dove rimane fino al 27 marzo 2022. «Affrontare una grande mostra su Mario Sironi con l’ambizione di raccontare, con uno sguardo nuovo, il percorso artistico e la vicenda umana che ha determinato le scelte, le relazioni e l’andatura della sua ricerca, è certamente un lavoro complesso», spiega Anna Maria Montaldo direttrice del Museo, curatrice della mostra insieme ad Elena Pontiggia, presentando le cento opere che ripercorrono l’opera del pittore a sessant’anni dalla morte. In ogni sala è raccontata una fase del suo percorso. La primissima stagione simbolista, l’adesione al futurismo; la sua particolare metafisica; il Novecento Italiano; la crisi espressionista del 1929-30; la pittura monumentale degli anni 30 fino al dolore degli ultimi anni e all’Apocalisse dipinta poco prima della morte.
Ultimo aggiornamento: Domenica 25 Luglio 2021, 09:40
© RIPRODUZIONE RISERVATA