Saracinesche alzate da domenica per ristoranti e bar ma tre su dieci non ripartiranno

Saracinesche alzate da domenica per ristoranti e bar, ma tre su dieci non ripartiranno

di Simona Romanò

Bar e ristoranti vedono nero. Non basta la promozione in zona gialla (ufficializzata domani dal governo, in vigore da domenica) a far alzare le saracinesche di tutti i duemila bar e duemila ristoranti di Milano, dal 6 novembre con la saracinesca abbassata. «Circa il 30% non apriranno per loro scelta», avverte Lino Stoppani, presidente di Epam, l’associazione dei pubblici esercizi di Milano. «E circa un quinto dei novemila pubblici esercizi rischia di chiudere per sempre», rincara poi. Confermando che «non solo ristoranti e bar stanno vivendo una crisi profonda, ma l’intero settore», dai pub notturni alle gelaterie, alle pasticcerie. E ora lavorare a mezzo servizio non conviene. Perché la zona gialla, accolta con entusiasmo ai tempi del Covid, perché ad oggi è la più bassa per il rischio contagio, non è comunque un liberi tutti: si può tornare a prendere il caffé al bancone del bar o a pranzare al ristorante di fiducia. Ed è possibile concedersi una cioccolata nel pomeriggio, ma alle 18 i locali devono chiudere al pubblico. Niente aperitivo e niente cene. Consentito solo l’asporto fino alle 22 come già avviene.

Quindi, i ristoratori perderanno il fatturato pesante dalle 18 alle 2 di notte che, secondo Epam, «vale al giorno circa 10mila euro, per un totale di 3,3 miliardi all’anno». Alzare le saracinesche può essere per alcuni più dannoso che altro: con la riapertura, infatti, si perde la cassa integrazione per i dipendenti, i costi fissi di luce e corrente aumentano e c’è l’approvvigionamento quotidiano di cibo. Per i bar diurni la nuova libertà della zona gialla è una boccata d’ossigeno, ma per i pub notturni e i ristoranti, che vivono grazie alle cene, non cambia niente rispetto a ora. Senza poi la certezza di veder ritornare in massa i clienti, perché i turisti sono azzerati e lo smart working svuota gli uffici, eliminando la pausa pranzo. Non solo. Di fatto, dicono da Epam, «si tratta di una sola settimana di lavoro vero, perché entro il 20 di dicembre chi può partirà per trascorrere il Natale dai parenti»: dopo, salvo ripensamenti dal governo, non ci si potrà più spostare dal proprio Comune.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 11 Dicembre 2020, 08:46
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