Il giallo di Manuel Perez, lo scout morto annegato a 18 anni. La madre: «Non mi vengano a parlare di fatalità»

Il giallo di Manuel Perez, lo scout morto annegato a 18 anni. La madre: «Non mi vengano a parlare di fatalità»

«Ci eravamo raccomandati più e più volte con il gruppo scout con cui viaggiava che poteva fare qualsiasi cosa ma non di andare dove l’acqua è profonda. Che non mi vengano a parlare di fatalità». Sono parole di rabbia quelle di Fara Musella, 45 anni, madre del 18enne lombardo di Lesmo, Manuel Perez, annegato nel tardo pomeriggio del 13 agosto nelle acque di Punta Chiappa, nei pressi del promontorio di Portofino, mentre faceva il bagno con un gruppo di amici scout.

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In un'intervista al Corriere della sera, la madre racconta: «Manuel soffriva di epilessia e l’acqua alta innescava le sue crisi, quindi andare nell’acqua profonda era ssolutamente vietato. Ha avuto una crisi, è vero. Ma se l’avesse avuta con i piedi per terra oggi sarebbe qui. Manuel è morto perché chi doveva vigilare su di lui non ha rispettato i suoi limiti, le sue fragilità».

Manuel soffriva di ‘crisi di assenza', una forma di epilessia che si manifesta con un’improvvisa perdita di coscienza. A volte pochi istanti, a volte qualche minuto: Manuel si bloccava,  era «immobile come una bambola. Se le crisi erano forti aveva un crollo ipotonico e si adagiava a terra», racconta Fara.

«Il più delle volte però si bloccava. Tutto a un tratto si fermava, scollegato dal mondo. É evidente che con un limite del genere non poteva andare in acque profonde. Ogni tanto lo faceva ma con noi vicino e con il giubbotto salvagente» e accusa: «Stavolta non glielo abbiamo neanche dato, il giubbotto, perché l’ordine era che non facesse il bagno dove non toccava. Al capo scout lo aveva detto il mio ex marito, padre di Manuel, lo ha ripetuto il mio attuale marito e l’ho ribadito io. Per di più lui è un educatore, un insegnante di sostegno, conosceva Manuel, la sua malattia, le sue crisi».

Il gruppo di scout, originari di Vimercate (Monza e Brianza), era partito da Pavia il 9 agosto. Quel viaggio, per Manuel, era il primo dopo il lockdown e dopo i 18 anni. L'ultima tappa prevista era Camogli, il giorno 13.

«Quando mi ha chiamato la Capitaneria di porto ho perfino fatto fatica a collegare la parola mare con il nome di mio figlio – sottolinea Fara – perché non doveva esserci, quel collegamento. Ho chiesto via WhatsApp al capo scout: perché l’hai portato in acqua alta se ti avevamo chiesto di non farlo? Mi ha risposto che Manuel era così felice… che lui pensava di poter tenere la situazione sotto controllo. Mi dicono tutti che è sotto choc.

E noi, allora? Come dobbiamo sentirci, noi?».

E continua il racconto di quella orrenda giornata: «Ci siamo precipitati a Genova con il cuore a brandelli – ricorda Fara – e non abbiamo trovato nessuno scout ad aspettarci. Nessuno a dirci “siamo distrutti come voi”. Almeno quello ce lo dovevano».

E sulla scelta di querelare i capi scout, i genitori di Manuel rispondono: «Ne parleremo nei prossimi giorni con il nostro avvocato, capiremo se la Procura e la Capitaneria hanno aperto un’inchiesta e poi decideremo» spiega Fara. «La sola cosa che ci frena è il rispetto di Manuel perché so che lui non vorrebbe prendersela con qualcuno degli scout. Vorrei però che il dramma di mio figlio almeno insegnasse al rispetto delle fragilità altrui» conclude la madre.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 1 Settembre 2021, 13:09
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