MINACCE
Ora il giovane, che dopo aver fatto il nome di Marco Piovella tra gli organizzatori dell’agguato ha ricevuto minacce, torna a casa. Come potrà essere protetto? «Non sussiste un eccessivo timore per la sua incolumità, parlo da difensore e da cittiadino», dice il difensore. Di certo, se potesse tornare indietro, Da Ros non si sarebbe presentato al Baretto prima della partita di Santo Stefano: «Se avessi immaginato a cosa sarei andato incontro non ci nsarei andato», si è sfogato con il procuratore aggiunto Letizia Mannella.
Ha preso le distanze dal tifo estremo, parlando della curva come «una grande famiglia, raccogliamo soldi tramite giornalino per pagare i ricorsi dei tifosi colpiti da daspo».
E ha anche precisato di non avere contatti con le alte gerarche degli ultrà: «Ci sono posizioni che non tutti conosono. C’è un gruppo ristretto che gestisce la curva - ci sono i Boys, gli Iriducibili, i Vikings, Brianza alcolica - all’interno di questi schieramenti ci sono dei soggetti che si interfacciano tra di loro. Io non avevo conoscenza diretta dei capi». Secondo il legale, Da Ros non è stato messo al corrente fino in fondo di ciò che sarebbe accaduto durante l’agguato. «Ha parlato di tre persone che erano con lui sul Doblò guidato da Giotto, erano incappucciati, non si distinguevano tra di loro. Ha sentito le voci dei dirigenti che dal primo piano del pub Cartoons gruidavano “andiamo, andiamo” e sono partiti per via Novara». Dopo l’assalto sono tornati in curva e lì tutti sapevano che Belardinelli era gravemente ferito.
Ultimo aggiornamento: Sabato 5 Gennaio 2019, 14:23
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