Fausto Boioli: «Io medico volontario al Michelangelo, aiuto chi ha superato l'inferno»
di Simona Romanò
Sono 70 gli ospiti-pazienti covid-19 accolti al Michelangelo. Per giungere a 190 entro Pasqua. È l’albergo a 4 stelle della quarantena, 290 camere su 17 piani, in piazza Luigi di Savoia. Chiuso l’8 marzo per l’emergenza sanitaria - grazie all’accordo tra Comune, proprietà, Ats - è la prima struttura privata ad assistere le persone dimesse dall’ospedale. Ora in convalescenza, magari positive. Quindi, costrette alla quarantena, ma per le ragioni più disparate non possono tornare a casa: come poliziotti e agenti della penitenza che dormono in alloggi condivisi con altri colleghi, oppure uomini con un’abitazione troppo piccola per rimanere separati. «Sono persone uscite dall’inferno, perché il virus è una bestia difficile da sconfiggere e sanno bene di essere dei sopravvissuti», spiega Fausto Boioli, 80 anni fra pochi mesi, ex primario di radiologia al Fatebenefratelli, fondatore dei Medici italiani volontari. In piena emergenza coronavirus è in prima linea al Michelangelo. «Non ho paura, ma un po’ di apprensione – racconta - È più preoccupata mia moglie, però mi sostiene, perché tocca moralmente a noi medici in pensione dare una mano». «Dopotutto non sono tornato in corsia, in prima linea – riflette - ma sono nelle retrovie a svolgere il mio mestiere, quello di una vita».