Giulia Tramontano, Impagnatiello libero già dopo 10 anni? L'ipotesi della 'giustizia riparativa'. Cosa può succedere

Il papà della riforma, il professor Ceretti, spiega: "Impossibile che accada, servirebbe anche il consenso della famiglia della vittima"

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di Redazione web

L'omicidio di Giulia Tramontano, la ragazza di 29 anni incinta di sette mesi uccisa qualche giorno fa e per il cui delitto è accusato (e in carcere) il fidanzato Alessandro Impagnatiello, continua a far discutere. Dopo il dibattito sulla mancata aggravante della premeditazione da parte del gip che ha convalidato il fermo del barman trentenne, nelle ultime ore si è fatta strada un'ipotesi che non è piaciuta a molti: l'eventualità appunto che Impagnatiello possa tornare libero tra appena 10 anni, se andasse a buon fine un percorso di giustizia riparativa.

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L'esperto: impossibile che possa accadere

L'ipotesi è stata prospettata dal pm Sebastiano Ardita (in un'intervista al Fatto​), ma è stata subito smentita dal 'padre' della riforma che ha appunto introdotto la giustizia riparativa, il professor Adolfo Ceretti, docente di Criminologia alla Bicocca di Milano. In un'intervista all'agenzia ANSA il professore esclude che vi siano automatismi nell'accesso a questo tipo di percorso e di conseguenza agli eventuali benefici.

«Dall'intervista di Ardita sembrerebbe che qualunque persona possa immediatamente accedere e arrivare all'esito di un percorso riparativo e quindi eventualmente alla diminuzione della pena.

In realtà è un percorso molto complesso e richiede tutta una serie di tappe» chiarisce il criminologo, spiegando che il diritto dell'indagato a essere informato sin dall'inizio di questa possibilità «non significa che acceda subito ai programmi di giustizia riparativa». E che tra i «paletti» da cui non si può prescindere c'è il consenso «fondamentale» non solo dell'indagato ma anche della vittima, in questo caso dei familiari di Giulia.

 

«La giustizia riparativa lavora per gestire gli effetti distruttivi del delitto, ma solo se la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima danno il proprio consenso. È un programma che consente loro di partecipare liberamente in modo consensuale, attivo e volontario alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore».

Non solo: a monte c'è il vaglio preventivo del magistrato che procede, che, sentita anche la vittima, può investire i centri per la mediazione «se ritiene che il programma possa essere utile e se non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti. Se poi il percorso di giustizia riparativa ha buon esito, il giudice valuta se questo risultato può determinare una diminuzione della pena, ma non è assolutamente pensabile una diminuzione di pena automatica così come indicata dal consigliere Ardita»«La diminuzione di pena - sempre che si avvii e si concluda un percorso di mediazione con un 'esito riparativò considerato positivo dal giudice, sarà sempre affidata alle sue 'sensibilità'. Un'ipotesi come quella prospettata ora dal consigliere Ardita - conclude con nettezza Ceretti - non sta né in cielo né in terra». 


Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Giugno 2023, 08:33
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