VENTIDUE INDAGATI
Nell’inchiesta del pm Paolo Filippini all’inizio gli indagati erano ventidue: per questioni di competenza territoriale, quattordici posizioni sono state trasferite a Lecco e a Sondrio, mentre sei persone fisiche e due società sono rimaste a Milano. Al centro del processo milanese due vicende: la prima, che ha visto la condanna di Comini, Zoaldi e Castelli (e l’assoluzione di Gusmeroli) riguarda appunto la presunta corruzione nell’appalto per la costruzione del campo base dell’Esposizione universale da parte dell’imprenditore e del suo collaboratore che avrebbero versato una mazzetta al direttore dei lavori. Nella ricostruzione dell’accusa, Comini avrebbe ricevuto denaro in contanti (ottomila euro in due tranche) oltre al pagamento di voli in elicottero, per chiudere un occhio sulle varianti di spesa avanzate dall’imprenditore, che hanno gonfiato il costo dell’opera da 492 mila euro a circa 577 mila.
RESPINTA L'IPOTESI CORRUTTIVA
La seconda vicenda (per la quale tutti gli imputati sono stati assolti) riguarda invece l’appalto sui lavori di rifacimento della pavimentazione di via Ripamonti.
In base all’ipotesi del pm Filippini, non accolta dal tribunale, Castelli di Sannazzaro e Zoaldi avrebbero corrotto i due manager di Metropolitana milanese Roberto Stefani e Francesco Martino Mongiardo con denaro e altre utilità per recuperare «margini di profitto e copertura dei costi di un appalto giudicato in forza di un’offerta antieconomica».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 19 Dicembre 2018, 19:58
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