Annus horribilis, il 2020. E non è che a dirlo in latino il succo cambi. Il sapore resta amaro e per sorridere, francamente, ci vuole impegno. Certo, poi ci si imbatte in Enrico Bertolino e si pensa che, dopotutto, la sua ironia intinta nella milanesità fa bene.
Dunque, eccoci nel lockdown bis?
«Sono un attore e un comico, per cui di mio posso dire questo: ho imparato a conoscere l’indole umana. E la gente ha una tiratura limitata in pazienza. È vero anche che non ho competenza di medicina, quindi…».
Quindi? Lockdown sì ma senza esagerare?
«Se dovessi cavarmela con una battuta direi: ora e sempre residenza. Ma poi conosco Milano: è una città di grande resilienza, si piega ma non si spezza. Ubbidisce alle regole ma soffre il non lavorare. Dopotutto, lavorare è il nostro hobby preferito».
Al primo “tutti a casa” lei scrisse un libro “Le 50 giornate di Milano”, e ora?
«Prendo appunti per un nuovo show, poi sbarco il lunario facendo incontri sulla formazione aziendale sulle piattaforme di videoconferenza.
Alla fine, i milanesi devono essere ottimisti o pessimisti?
«Uno scrittore e velista francese, Octave Mirbeau, diceva che il pessimista si lamenta del vento, l’ottimista aspetta che il vento cambi, il realista assicura le vele. Il milanese è della terza categoria, basta che non lo si deprime in anticipo con frasi alla Massimo Galli del Sacco: “a Natale scordatevi il Cenone”, oppure: “vedrete la terza ondata a febbraio”. Così ti girano le balle».
Quando ripartirà il mondo degli spettacoli?
«Ah, saperlo. Io mi sto organizzando per spettacoli d’asporto. Venite a casa mia, vi do il pacchetto con la scenografia e le battute».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 13 Novembre 2020, 09:35
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